venerdì 22 giugno 2012


Siamo molto felici nel leggere questo articolo che parla di noi. Il blog è stato aperto per presentare i laboratori, tra i quali c'è il lavoro con la simbologia dei tarocchi. Monica Burato (che non è coinvolta direttamente nel blog) e Valeria Bianchi Mian conducono insieme da un decennio utilizzando tecniche di drama therapy e psicodramma; Lauretta Guidetto, compagna di blog di Valeria Bianchi Mian ha aggiunto la parte arte terapeutica. Attualmente anche Maria Elena Vespa, arte terapeuta, partecipa al gruppo organizzativo dei laboratori con gli arcani.  

lunedì 18 giugno 2012

Valeria Bianchi Mian


PSICODRAMMA AL BIVIO 
considerazione brevissima

foto di Luciano Borgna°


Il gioco psicodrammatico lascia a chi conduce e a chi gioca un certo spazio di azione scenica, permette al protagonista (e al conduttore che lo doppia) di muoversi tra i ruoli, ruoli che sono però definibili ed esprimibili in categorie. Un ruolo psicodrammatico può essere interno ed esterno, è attribuibile a un partecipante scelto dal protagonista-giocatore. La scelta, la delimitazione. Come avrebbero rappresentato lo stesso ruolo Tizio o Caio? E' stato scelto Sempronio. Non è dato sapere come sarebbe stato, se... 
  La scena stessa delimita il gioco, ma lo spazio delle possibilità da scoprire è molteplice. Come conduttrice posso "captare" qual'è la direzione migliore da seguire per dare avvio alla scena successiva, e a quella dopo ancora; posso "sentire", "comprendere", "scegliere" la strada al crocicchio.
  L'erma!
 L'erma mi indica che qualcosa io tralascerò. Sempre. Ci saranno per ogni incontro di psicodramma altri incontri mai sviluppati, altri possibili snodi. Eppure, ogni filo rosso (blu, verde...) che avrò seguito e annodato insieme ai partecipanti ad uno psicodramma terapeutico si connetterà al possibile e lo tesserà nel reale. I giochi mai giocati sono sempre presenti nell'ombra delle scene di oggi e domani.
 Lasciare andare le narrazioni non narrate vuol dire ritrovarle in altre forme, leggerle altrimenti.
 Torneranno, le storie non narrate, i giochi non giocati. Torneranno in altri giochi, nelle storie di altre persone, in altri psicodrammi...
... e tutto continua...

VBM  

mercoledì 6 giugno 2012



Valeria Bianchi Mian

ARCANE STORIE: LUDUS PUERORUM
“Un gioco di bambini” è il gioco dell'uomo? 

Citazioni nel testo, in azzurro, tratte da Rodolfo Renier (Tarocchi di Matteo Maria Boiardo, Studi su Matteo Maria Boiardo / ed. N. Campanini. – Bologna, 1894 – e l’articolo del 16 febbraio 2008, per noi esaustivo, sull’opera di Rodolfo Renier nel bellissimo Blog del Casato Renier – La storia raccontata dai protagonisti, con più di 700 articoli)


  Tarocchi: immagini archetipiche che illustrano il percorso di individuazione, dal Matto (0) al Mondo (XXI).
  Il complesso, oscuro e luminoso, viaggio dell’Anima.               
  Immagini dell’inconscio collettivo, emerse dal grande vas alchemico che ci riguarda tutti, descritte dagli studiosi da molteplici punti di vista.
  Se delle origini delle carte dei tarocchi-arcani maggiori in particolare (tra le carte da gioco, in generale), prima di vederle comparire in Italia nel secolo XIV, nulla si sa davvero con certezza, in ogni caso è suggestiva, e degna di credito, la teoria di un’origine italiana dei “Trionfi", e l’idea di un utilizzo degli stessi anche per scopi "verbali", e, inoltre, come gioco educativo per fanciulli.
  
  Rodolfo Renier, cito testualmente:
"In Italia, nel trecento, sarebbe esistito un album di figure molto adatto a divertire e ad istruire i fanciulli, giacché era una nomenclatura delle cognizioni di allora, un aiuto alla memoria, una specie di enciclopedia per gli occhi. Di queste figure abbiamo una copia nelle incisioni anonime, attribuite, a torto o a ragione, al Mantegna. Si chiamarono naibi, ed era ad esse che alludeva il buon cronista Morelli, consigliandole ai fanciulli. Ma verso la fine del sec. XIV un bello spirito, forse per distogliere i giuocatori dal pericoloso e insipido giuoco dei dadi, avrebbe tratto dai naibi il giuoco dei tarocchi, il quale avrebbe conservato il nome di naibi ancora per qualche tempo." [Merlin, XVI, I, 286-95 e 302-4.].

"I naibi erano carte; ma non tutte le carte erano naibi. Carte era nome generico: esse si dividevano in carticelle e in naibi, detti anche carte da trionfi. Tale distinzione è costante in tutti gli scrittori del sec. XV che accennarono alle carte [Vedi Merlin in Rev. Arch., XVI, I, 297-98; Campori, Le carte da giuoco dipinte per gli Estensi nel sec. XV, p. 13 e documenti.]. Ed in che si distinguessero le carticelle dai naibi è facile il dirlo. Le une erano le nostre carte comuni., divise in 52 pezzi, cioè in quattro serie, di 10 carte numerali e tre figure ciascuna: i secondi erano i tarocchi" [Il Bellincioni dice, accennando sicuramente ai tarocchi: Ebbe gran prudenza // chi pose in ne' naibi que' contrari // che sian vinti da' meno e' più denari. Rime, ed. Fanfani, II, 90.]"

  Gioco di fanciulli. LUDUS PUERORUM, nello Slendor Solis, opera alchemica di Salomon Trismosin, in Aureum vellus, oder Guldin Schatz und Kunstkammer (Rorschach 1598), vedi Jung, Mysterium comiunctionis. 
  L'opera alchemica, e dunque l'opera dell'Anima, è dunque un "gioco di fanciulli"?    


  Poi, il gioco poetico.
"Il giuoco poetico fu quindi destinato ad uno di quei molti trattenimenti sociali, di cui si allietarono le nostre corti del rinascimento" scrisse ancora Renier.

  I 21 "Trionfi" e il Matto (0) servivano a dare spunto ai giocatori per leggere versi scritti dietro o sotto le immagini (I "Tarocchi" del Boiardo tra questi) ma anche, nel modo "verbale" per attribuire personaggi (reali, conosciuti a corte) e caratteristiche di personalità (elementi di proto-psicologia a livello ludico, direi!) alle figure sulle carte.

  Renier cita Pier Antonio Viti da Urbino:
"Viti ci spiega con tanta chiarezza del gioco l' arte, che in poche parole mi sarà dato riassumerla qui. I giuochi, in realtà, sono quattro, non uno solo [Semberanno a taluno alquanto insipidi questi giuochi, nè io avrei molto da opporre; ma suol essere difetto comune ai trattenimenti di simil genere nella rinascenza. D' ordinario in fondo a que' giuochi v' era un intendimento didattico o moraleggiante. Leggasi il libro cit. del Ringhieri ed il Dialogo de' giuochi che nelle vegghie sanesi si usano di fare del Bargagli. Come lavoro di divulgazione è assai pregevole lo scritto di A. Solerti, Trattenimenti di società nel sec. XVI, nella Gazzetta letteraria, an. XII, n. 48, 49, 50.]. - I giuocatori si radunano in circolo e in mezzo a loro vengono scoperte e deposte sulla tavola la prima e l' ultima carta, cioè i due sonetti. Poscia ad ognuno è data una carta, onde nasce il primo giuoco, "perciò che ognuno lege li versi che ne la carta sua sono e mostranli a li compagni. Et in ciò si vedono a le volte a donne et omini venire terzetti che sono grandemente al proposito loro, e di gran riso de chi gli ascoltano".-

Ciclo dei Giochi di Palazzo Borromeo, Milano

  Interessante.
  Penso alle narrazioni corali, alle arcane storie che nascono nei nostri laboratori.
  Uno scorcio delle antiche corti, un cavaliere che estrae il Trionfo dal mazzo, una dama, e nasce il dialogo, lo spunto per la narrazione.
  Italo Calvino non parlò a caso, ovviamente.

(continuerà, dopo pausa per breve vacanza, proprio con alcuni scorci dal Castello dei Destini Incrociati. Vi ricordiamo il laboratorio del 13 Giugno in Via Mazzini 44, ore 20.30, sul tema del Sogno e degli Arcani. Vedi in Eventi del mese)  
Valeria Bianchi Mian

ARCANE STORIE: DA DOVE VENGONO LE IMMAGINI DEI TAROCCHI?

foto di VBM°

  Da dove giungano le carte e, inoltre, quale “verità assoluta” celino non si sa, o meglio: non si sa con certezza. La verità è che non esiste verità assoluta.
  Insigni studiosi provenienti da ogni dove si sono contraddetti a vicenda di secolo in secolo, fornendo le più disparate congetture sull’origine dei tarocchi.
  “I reperti storici non mentono”, dichiarano alcuni, serissimi, alzando il dito indice.
  “I documenti in nostro possesso risalgono al XIV° secolo, in Europa, anzi, guarda un po’, in Italia, nell’Italia delle corti, il castello dei Visconti, il salone gli Estensi… mentre prima non compare alcuna notizia relativa ai tarocchi!”
  “E, però,” suggeriscono altri, intuitivi e sognatori, “nei simboli delle carte ravvisiamo indiscutibilmente la conoscenza del processo di trasmutazione degli elementi degli antichi alchimisti, il segreto dell’albero dei cabalisti, il mistero occulto degli esoteristi…”
  “Court de Gebelin ha scientificamente e storicamente torto, non esiste alcuna prova di un’origine egizia dei nostri 22 arcani”, dichiarano alcuni…
  “Allora, sarà piuttosto araba, o magari cinese, e perché no, indiana”, gridano altri, creativi…
  Ed ecco che, timidamente, fanno oggi sempre più spesso capolino…
(a giudicare dal diffondersi a macchia d’olio di “letture psicologiche” e “gruppi psicologici”, anche di psicodramma, sugli arcani – anch’io, me tapina, tra gli altri… tralascio invece i riferimenti a chi si occupa di “Tarocchi psicologici” senza avere alcuno strumento di psicologia…)
… gli psicoterapeuti.
  Junghiani, per giunta. (Ma non solo! Monica Burato è infatti gestaltista… Lauretta Guidetto è arte terapeuta. E così Maria Elena Vespa.)
  “Chi se ne importa da dove arrivano, concretamente, le carte cartacee, i tarocchi, gli arcani maggiori… o meglio, interessante seguire il percorso storico degli stessi, certamente, però… Però… non trovate interessante che, nonostante tutte le diatribe, nonostante le discussioni per attribuire a questo o quel filone teorico la giusta (!) interpretazione dei fatti, nel frattempo, silenziosamente, delicatamente, quatti, quatti, lemmi, lemmi, questi 22 cartoncini dipinti nei secoli in molteplici modi ma sempre ruotanti intorno al tema della vita e della morte, siano giunti a noi? E che, ancora oggi, siano così ricchi di stimoli, di spunti, di energia, di suggestioni…”
  “Il percorso è quello dell’uomo, riguarda il percorso di individuazione, e non si può davvero sapere da dove vengano gli archetipi…”
(continua)