Laura Guidetto
Sulle tracce di un femminile
II parte
Le descrizioni relative al Sabba, per Jules Michelet, (1959) sono mutate
nel tempo, quelle più particolareggiate sono le più tardive. Fino all’anno
1000, i sabba notturni non furono che un vago resto di paganesimo, alle danze
si mescolavano allegorie di vendetta, farse satiriche, beffe e caricature del
signore e del prete. Perché diventi una guerra dichiarata al Dio di quel tempo,
bisogna aspettare il secolo XIV, sotto il papato di Avignone, durante il grande
scisma, solo allora il sabba assunse la forma grandiosa della Messa nera e
dell’ufficio a rovescio.
Eugenio
Battisti (1964), sottolinea la convergenza delle descrizioni sulle cerimonie,
date dalle accusate di stregoneria durante i processi. In molti casi la
funzione si svolgeva in luoghi aventi
una lunghissima tradizione di culto, la scelta del luogo in genere non era
casuale ma indicava un connessione stretta con la natura e che dalla natura
stessa coglieva gli attributi del sacro; solitamente si radunavano in un bosco,
su un poggio, o attorno ad un albero.
L’assemblea
era accompagnata da banchetti, processioni, danze sacre, era la più elementare
e diffusa forma di culto. Le donne erano solitamente le protagoniste, forse
come sottolinea Eugenio Battisti per un
ricordo matriarcale, che sempre più è venuto a precisarsi in queste ricerche,
anche se non era limitato solo a persone dello stesso sesso
.
La
“cerimonia”, solitamente avveniva in giorni fissi, anche ricorrenti,
presumibilmente in un momento magico in rapporto con il sorgere della luna, o
le sue fasi. Varie erano le fasi del rito, atto di prostrazione e presentazione
alla regina (Diana, Erodiade..), il banchetto, l’accoppiamento, il tutto non
doveva necessariamente seguire un rituale coerente, alcune fasi potevano essere
sopresse o anche solo simboleggiate.
Carlo Ginzburg, (1989) rileva
come l’immagine del sabba emerse per la prima volta nella seconda metà del’300
ed espone alcuni elementi ricorrenti nella maggior parte delle descrizioni
rilasciate. Tali considerazioni sono
ricavate dai processi di stregoneria, celebrati tra il principio del’400
e la fine del’600, da un capo all’altro dell’Europa. Stabilisce una connessione
importante, tra l’arrivo del bacillo della peste
, a
metà del trecento e per il quale vennero accusati gli ebrei
quali
responsabili dell’epidemia, ed una serie di reazioni a catena che si
avvicendarono. Ossessione del complotto, stereotipi anticlericali e tratti
sciamaici
si
fusero insieme, facendo emergere
l’immagine minacciosa della setta stregonesca. Nel 1348 la peste
dilagava, la gente moriva come mosche, individuare dei responsabili umani dava
l’illusione di poter fare qualcosa per fermare l’epidemia, “
Le teorie del
complotto prosperano bene sul terreno dell’immaginazione”.
L’emergere del sabba, presuppone
la crisi della società europea del ‘300, le carestie, la peste, la segregazione
o l’espulsione dei gruppi marginali che l’accompagnarono. Le trasformazioni in
senso diabolico delle varie credenze si protrassero per decenni in tutto l’arco
alpino.
Nell’immagine del sabba, Ginzburg quindi distingue due filoni culturali di provenienza
eterogenea: da un lato, il tema elaborato da inquisitori e giudici laici, del
complotto ordito da una setta o da un gruppo sociale ostile, dall’altro
elementi di provenienza sciamanica ormai radicati nella cultura folklorica,
come il volo magico e le metamorfosi animalesche. Ma questa fusione avvenne e
fu così solida e duratura perché tra i due filoni vi erano profonde affinità.
“Al fondo dell’immagine del complotto c’era
un tema antichissimo, anche se rielaborato in termini nuovi: l’ostilità del morto
recente- l’essere marginale per eccellenza- nei confronti della società dei
viventi.” In una società di
vivi, i morti possono essere impersonati solo da coloro che sono inseriti
imperfettamente nella società. La marginalità e l’imperfetta assimilazione
accomunarono anche le figure che sul versante del complotto, furono gli
antecedenti storici di streghe e stregoni: i lebbrosi
e
gli ebrei, accusati di contagiare i sani
avvelenando i pozzi.
In molte culture è presente
l’idea che alcuni animali come: colombe, gufi, donnole, serpenti, lucertole,
succhino il latte delle mucche o delle capre, talvolte anche delle donne. In
Europa, sottolinea Carlo Ginzuburg, questi animali sono generalmente associati
alle streghe, o alle fate. Nella cultura latina, dove l’ostilità dei morti
verso i viventi, la sete dei morti è espressa nella raffigurazione dell’anima
sotto forma di uccello, di ape
o di farfalla, tali immagini si fusero
in quelle della
strix.
Ginzburg, sottolinea come non sia
difficile da immaginare che tra i potenziali accusati di stregoneria, le donne
dovessero apparire, in particolare se di trattava di donne sole, perciò
socialmente indifese, le più marginali tra i marginali. Ma oltre ad essere
sinonimo di debolezza, questa marginalità rifletteva forse anche, in maniera
più o meno oscura, la percezione di una contiguità tra chi genera la vita e il
mondo informe dei morti e dei non nati.
Inoltre, nell’analizzare il tema della marginalità,
collegato alla “stregoneria”, Carlo Ginzburg (1989) traccia un largo affresco,
partendo dalle figure marginali, quali capri espiatori di tensioni sociali
diffuse.
L’elemento
unificatore nelle ondate persecutorie, dove quello che si modificava era solo
il bersaglio, da lebbrosi-ebrei
agli
ebrei, a ebrei-streghe, lasciando immutata l’immagine ossessiva del complotto
ai danni della società.
“Analogamente
ai lebbrosi e agli ebrei,
stregoni e streghe si situano ai margini della comunità; la loro cospirazione è
ancora una volta ispirata da un nemico esterno- il nemico per eccellenza- il
diavolo. E dal patto stipulato col diavolo gli inquisitori e i giudici laici
cercheranno sui corpi degli stregoni e delle streghe la prova fisica: lo stigma
che lebbrosi e ebrei portavano invece cucito sugli abiti.”
L’accusa di stregoneria, veniva incoraggiata dai
vertici del potere ecclesiastico e statale, poiché consentiva con grande
facilità l’eliminazione dei nemici politici. Era evidente non poter accusare
chiunque di essere ebreo o lebbroso, molto più semplice era costruire la fama di
strega o stregone. l’Europa, politicamente stava
vivendo l’incrinarsi dell’unità politica che aveva caratterizzato l’Europa
cristiana fino a quel momento.
La crisi del ‘300 ebbe dei gravi risvolti economici e
sociali, ma anche le carestie e le infezioni epidemiche furono devastanti.
Per Carlo
Ginzburg, vi è un terreno comune alla base delle accuse, prima di eresia e in
seguito di stregoneria. Inoltre le donne essendo fortemente rappresentate nelle
sette eretiche medioevali e la loro prevalenza in quei gruppi poteva aver
favorito la loro successiva identificazione con le streghe stesse.
Secondo Serena
Foglia le descrizioni sul sabba rilasciate dalle streghe esprimono le
condizioni esistenziali insostenibili, frustrate da rigidi e insovvertibili
tabù sessuali, queste donne proiettavano nel sogno speranze liberatorie e
desideri repressi nel loro inconscio. Il momento onirico, per lo più
sollecitato da droghe allucinogene, quali la
belladonna e l’acconito, tradizionalmente
usati per la preparazione di filtri, si sostituivano dunque alla realtà, e come
realtà veniva forzosamente considerato durante i processi. Ernest Jones,
nel suo scritto Psicoanalisi dell’incubo,
ritiene probabile che i sogni avessero da sempre esercitato una profonda
influenza sulla formazione dei pensieri allo stato di veglia, questo avveniva
ancora di più nel passato, quando l’importanza attribuita ai sogni era ancora
maggiore. Spesso la vividezza di
un sogno poteva ingannare chiunque, inducendo a confonderlo con fatti reali.
Tale fenomeno era particolarmente frequente in tutte le esperienze in cui erano
coinvolti intensi eventi emotivi, non solo nei sogni ma anche nelle trances da
estasi e nelle visioni. Tale fenomeno ha avuto un’influenza maggiore in menti
meno istruite, come quelle di bambini e dei primitivi.
Per Ernest Jones, il significato
alla base dell’esperienza dell’incubo, è della stessa natura presente in alcuni
elementi della credenza popolare che per tre secoli la Chiesa Cattolica aveva
fuso insieme all’ossessione del Diavolo, e “
all’epidemia
di stregoneria”. La Chiesa volle dimostrare come tutte le eresie erano in sostanza confluite nel “
culto del Diavolo”.
Jones ha cercato di spiegare l’influenza che ebbero le esperienze dell’incubo
nel formarsi di alcuni falsi concetti, quali: l’incubo, vampiro, lupo mannaro,
diavolo, streghe, tra loro infatti vi sono molti punti in comune.
Generalmente
veniva riconosciuto all’incubo un forte influsso sulla fantasia, maggiore di
qualsiasi altro sogno; in particolare per la credenza negli spiriti maligni e
nei mostri. Alcuni studiosi di mitologia fecero risalire la credenza degli
spiriti all’esperienza dell’incubo.
“..
L’incubo è
una forma di attacco di d’angoscia, dovuto essenzialmente a un intenso
conflitto mentale che si accentra su una qualche componente rimossa
dell’istinto psicosessuale, tipicamente sulla riattivazione dei normali
desideri incestuosi dell’infanzia -, e, infine, che può essere suscitato da
qualsiasi stimolo periferico atto a risvegliare, attraverso associazioni,
questa massa di sentimenti rimossi”
L’incubo è solo
una varietà del sogno d’angoscia, la differenza essenziale è nel contenuto
latente che risulta altamente stereotipato. Nei sogni d’angoscia, il contenuto
latente è un desiderio sessuale rimosso, solitamente di natura incestuosa,
nell’incubo si riferisce generalmente al normale atto sessuale.
Nel Medioevo
l’incubo, veniva catalogato nel suo nome scientifico come un “
demone libidinoso” che di notte visitava
le donne, giacendo pesantemente su di loro e violentandole contro la loro
volontà.
La credenza che potesse
esservi un rapporto sessualetra esseri umani e esseri soprannaturali, era una
delle più diffuse tra i popoli. La Chiesa, a quei tempi considerava gli incubi
essenzialmente “
demoni dell’inferno”,
capaci di tentare il fragile essere umano.
L’esorcismo non aveva nessun influsso su di loro, differenziandoli per
questo dai demoni maligni.
Pare che le più
colpite da questi visitatori notturni fossero le donne, in particolare vedove,
vergini e monache.
Mircea Eliade, per comprendere il
fenomeno della stregoneria ritiene necessario, data la complessità
dell’argomento, rivolgersi al contributo di discipline quali il folclore,
l’etnologia, la sociologia, la psicologia, e la storia delle religioni.
Consultando documenti indiani e tibetani, si può capire come la stregoneria in
Europa non possa considerarsi un’invenzione nata da persecuzioni religiose o
politiche e neppure da una setta demoniaca devota a Satana e promotrice del
male. I caratteri attribuiti alle streghe europee sono vantati fatta eccezione
per Satana e il
sabba, anche dagli yogi e maghi indo-tibetani.
Una prova comparativa preziosa
proviene da un processo analogo avvenuto nella regione italiana del Friuli,
durante il XVI e il XVII secolo. Grazie a Carlo Ginzburg, si sa, che un culto
popolare, quello dei “benandanti” si modificò progressivamente, sotto le
pressioni dell’Inqisizione, finendo per assomigliare alla stregoneria tradizionale.
Da un documento del 21 marzo 1575, viene riferito all’inquisizione della
diocesi di Acquileia e di Concordia, che in alcuni villaggi, ci sono degli
stregoni chiamati “
benandanti”, che dichiarano di essere stregoni buoni,
in quanto impediscono il male, mentre altri stregoni lo fanno. “
Io sonno benandante perché vo con li altri a
combattere quattro volte l’anno, cioè le quattro tempora, di notte ,
invisibilmente con lo spirito et resta il corpo; et noi andiamo in favor di
Christo et li stregoni del diavolo, combattendo l’uno con l’altro, noi con le
mazze di finocchio et loro con le canne di sorgo”.
Come evidenzia l’autore al centro
dei convegni notturni dei benandanti emerge un rito di fertilità, che si
modella sulle principali vicende dell’anno agricolo; i benandanti si recano ai
loro convegni a cavallo di lepri, gatti e altri animali e lo stato di letargo
che precedeva le riunioni era simile a quello narrato dalle streghe durante le
loro confessioni.
Il rito centrale è piuttosto
enigmatico, il raduno non presenta i classici caratteri satanici, i
benandanti
muniti di rami di finocchio, combattono contro streghe e stregoni, armati di
canne di sorgo.
Dichiarano di compiere il
loro viaggio in spirito, nel sonno. Prima del viaggio cadono in un grande stato
di prostrazione, una specie di catalessi, durante la quale la loro anima ha la
capacità di abbandonare il corpo, sebbene compiuto in spirito è per loro reale.
Dopo 850 processi e denunce al
Sant’Uffizio di Aquileia e Concordia, nel 1634, si arriva ad una testimonianza
piena sul sabba diabolico tradizionale. Per effetto dei numerosi
processi, i benandanti cominciano ad adeguare le loro confessioni a
quelle che lo schema demonologico impose loro senza tregua. Dopo cinquant’anni
di processi, si impose l’assimilazione dei benenandanti alle streghe.
Grazie a queste testimonianze
Ginzburg, è riuscito a mostrare come un culto con caratteristiche nettamente
popolari, come quello dei benandanti, si sia a poco a poco modificato sotto le
pressioni degli inquisitori nelle vesti della stregoneria tradizionale. In
questo modo è stato possibile assistere al sovrapporsi di una credenza
“genuinamente popolare” ad uno schema colto, consentendo quindi la
ricostruzione della mentalità contadina di quel periodo.
L’autore illustra come, quasi in
un secolo, partendo dai primi processi sotto le pressioni degli inquisitori, i
benandanti si trasformarono in stregoni, e i convegni notturni per provocare
fertilità nel sabba diabolico. “
Per il
Friuli, si può affermare con sicurezza che la stregoneria diabolica si diffuse
come deformazione di un precedente culto agrario.”Attraverso le
battaglie notturne, combattute dai benendanti contro streghe e stregoni, è
possibile vedere una versione simmetrica maschile, di un culto per lo più femminile.
Le battaglie estatiche dei
benandanti hanno lasciato tracce debolissime
sia nella letteratura canonistica che in quella demonologica. Gli
Inquisitori, nell’unica zona in cui si trovarono di fronte a queste credenze,
il Friuli, le ritennero una variante locale del sabba.
Le battaglie combattute in estasi
per la fertilità non sono state un tratto culturale limitato all’ambito
linguistico indoeuropeo. L’estasi, è stata identificata come un tratto
caratteristico degli sciamani
eurasiatici (lapponi, samojedi, tungusi ) e anch’esse sono popolate di
battaglie. Sprofondati in catalessi, uomini combattono contro uomini e donne
contro donne: le loro anime si scontrano sotto forma di animali, di solito
renne, finché una soccombe, provocando l’infermità e la morte dello sciamano
perdente.
Come non pensare,
sostiene Ginzburg, alle estasi dei benandanti. “
E’ inevitabile concludere che uno stesso schema mitico è stato ripreso
e adattato in società molto diverse tra loro, dal punto di vista ecologico,
economico, sociale. In comunità di pastori nomadi gli sciamani cadono in
estasi, per procurare renne. I loro colleghi, in comunità di agricoltori, fanno
lo stesso per procurare-a seconda dei climi e delle latitudini-segale, grano,
uva.” In una società cristianizzata,
la posizione di questi individui era
inevitabilmente più difficile, in questo modo Ginzburg, spiega la differenza
tra l’estasi dello sciamano
che
aveva un carattere collettivo e quella dei benandanti che avvenivano in forma
privata.
Ma è proprio per queste differenze di contesti culturali, che le
estasi degli sciamani eurasiatici e quelle dei loro colleghi europei appaiono
impressionanti. “
Testimonianze
frammentarie, lontane nel tempo e nello spazio, che mostrano ancora una volta
la profondità dello strato culturale che abbiamo cercato di portare alla luce”
Mircea Eliade, considera anche
un’area diversa, trascurata dagli studiosi occidentali: le tradizioni
folkloristiche rumene. In Romania è possibile trovare una cultura popolare
arcaica sviluppatasi sotto un controllo clericale meno rigido di quello
dell’Europa centrale e occidentale. Inoltre la Chiesa rumena, non possedendo
un’istituzione analoga all’Inquisizione, non è atata sottoposta alla stessa
censura. Malgrado il manifestarsi di eresie, in Romania non è mai esistita una
persecuzione sistematica delle streghe.
La parola “strega” in latino
si
diceva
striga, in rumeno
striga è divenuto
strigoi.
Le
strigoi
nascono avvolte nella membrana amniotica e, divenute adulte, la indossano
rendendosi in questo modo invisibili. Posseggono poteri soprannaturali: possono
entrare in una casa con le porte chiuse, o trastullarsi con lupi ed orsi.
Le
strigoi
possono trasformarsi in cani, gatti, lupi, rospi e altri animali
. Si
radunano fuori dai villaggi, in campi, oppure “
alla fine del mondo, dove
l’erba non cresce”
Giunte sul posto, prendono forma umana e iniziano a combattere tra di loro con
mazze, assi, falci e altri arnesi, la notte intera, alla fine si mettono a
gridare e si riconciliano. Tornate a casa esauste, pallide, senza sapere cosa è
loro accaduto, cadono in un sonno profondo. Non si conosce nulla sul
significato o sull’oggetto di queste battaglie notturne, ma ricordano
sicuramente quelle dei
benandanti.
Altro elemento importante, che
può aiutare nelle comprensione del fenomeno, è quello relativo alle credenze
legate alla dea Diana,
e alle sue seguaci.
In rumeno, il nome della dea
Diana
diventa zîna (< diana), che significa “
fata”
.
Le zîne, ovvero le fate, rivelano
nel loro stesso nome la discendenza da Diana, hanno un carattere piuttosto
ambivalente, possono essere crudeli, tanto che è meglio non pronunciare il
nome.
Le
malattie provocate dalle fate sono curate efficacemente dal rituale
coreografico e catartico di un gruppo di danzatori, una società segreta (
Männerbund)
chiamati
căluşari. Patrona di
questa società catartica segreta è la “regina delle fate” (Doamna Zînelor),
metamorfosi rumena di Diana. Questa regina delle fate è anche chiamata
“Irodiada (= Herodiada) o Arada”, nomi famosi tra le streghe dell’occidente.
L’istruzione si svolge nella foresta o in altri luoghi solitari, consiste in
particolare nell’insegnamento di numerose danze, in particolare acrobatiche. I
căluşari,
sono armati di spade e di bastoni, hanno anche uno stendardo su cui giurano di rispettare i costumi e le
regole della compagnia.
Lo scenario dei
căluşari implica la
fusione di idee e tecniche magico-religiose opposte, quantunque tra loro
complementari,le tecniche catartiche dei
căluşari sono basate su una
coreografia specifica, che imita il modo di essere delle fate.
La persistenza di questo scenario
arcaico precristiano, trova la sua spiegazione sull’unione di principi
antagonisti qui riuniti e riconciliati, malattia e salute, morte e fertilità
trovando una personificazione nell’espressione della diade primordiale
maschile-femminile.
Questo getta una luce importante
anche sulla stregoneria occidentale, non vi sono dubbi sulla continuità di
alcuni importanti rituali e credenze pagane quasi sempre connesse con la fertilità
e la salute, tali scenari mitico-rituali implicavano un combattimento tra due gruppi di forze opposte,
complementari, personificate in figure mitologiche (
benandanti,
căluşari,strigoi). Il combattimento tra i due gruppi era seguito da una
riconciliazione, uno dei due gruppi opposti impersonava gli aspetti negativi
dell’antagonismo, esprimendo il processo
della vita cosmica e della fertilità, la personificazione del principio
negativo poteva essere interpretata come personificazione del male.
Questo
sembra essere accaduto con le
strigoi rumene, con le zîne, le fate che
costituiscono però anche il seguito di Diana e, sotto la pressione
dell’Inquisizione, con i benandanti. “
In Occidente, comunque, il processo è
stato molto più complesso, data la precoce identificazione di qualsiasi residuo
mitico-rituale precristiano con le pratiche sataniche e, in definitiva con
l’eresia(…) la caccia alle streghe ha radice in scenari mitico-rituali
paragonabili a quelli sopravvissuti fra i benandanti italiani e nella cultura
popolare rumena. In tempi di crisi religiosa o sociale, sotto la pressione
economica o ecclesiastica, tali
sopravvivenze popolari possono aver ricevuto un nuovo orientamento sia
spontaneamente che come riflesso dei processi dell’Inquisizione; possono
essersi trasformate, nella fattispecie, in magia nera.”
L’accusa classica rivolte alle
streghe, sono le loro pratiche orgiastiche, descritte con poche varianti,
questa monotonia diventa significativa se si nota che fin dall’inizio del XI
secolo, esattamente la stessa accusa viene rivolta contro i diversi movimenti
riformatori imputati di eresia. (p.96) Dei Catari si diceva si riunissero di
notte e dopo aver ascoltato un sermone e
aver ricevuto i sacramenti eretici banchettassero e gozzovigliassero, la stessa
accusa venne rivolta contro i Fratelli del Puro Spirito.
Jules Michelet, La Sorcière,p.86
Eugenio Battisti, La
civiltà delle streghe.
Agli occhi di molti
cristiani queste “strane creature” divennero dei demoni sotto spoglie umane,
dotati di poteri misteriosi e infinitamente sinistri. All’inizio del ‘300, la
loro marginalità si trasformò in una vera e propria segregazione, con la creazione
di ghetti. Storia notturan una decifrazione del sabba.
Intorno all’anno 1100, gli
ebrei, come gli eretici iniziarono ad essere considerati servitori di Satana.
Nel XII secolo, gli ebrei furono accusati per la prima volta di misfatti come
l’uccisione rituale di bambini cristiani, torture all’ostia consacrata,
avvelenamento dei pozzi. “Soprattutto, la
gente cominciò a sostenere che essi adoravano Satana e che Satana in cambio li
ricompensava rendendoli collettivamente padroni della magia nera.(…) essi
venivano considerati possessori di illimitati poteri del male”(N.Cohon, Il
mito di Satana e degli uomini al suo servizio,in: M.Douglas,1980, La stregoneria,Torino:Einaudi.pp.35-49,p.46.)
Brian P. Levack, The Whitch-hunt in Early Modern Europe,p.146
Da sempre l’uomo ha
trattato il fenomeno onirico con una sorta di riverente rispetto; anticamente
il sogno era considerato la diretta manifestazione della volontà degli dei o
dei demoni e pertanto gli veniva attribuito un potere divinatorio e salvifico.
Esso era interpretato come un tramite che connetteva con una realtà
ultraterrena. “Nell’ingenua opinione di
chi si sveglia, il sogno, se pure non proviene da un altro mondo, ci rapisce
tuttavia, mentre dormiamo, in un altro mondo” Sigmund Freud, Die Traumdeutung,Bollati
Boringhieri, Torino, 1899, p. 28
Ernest Jones, On the Nightmare, Liveringht Paperbound, New York,
1971
Carlo Ginzburg, I
benandanti, Einaudi, Torino, 1966, cit.,p.10
Pur essendo immortali
portano vesti bianche, hanno il petto nudo e durante il giorno sono invisibili,
munite di ali, sono solite volare in particolare la notte. Amano danzare e
cantare, nei campi dove hanno ballato, l’erba pare bruciata dal fuoco, chi le
ha viste danzare, non rispettando certi divieti, viene colpito da malattia, tra
i morbi provocati dalle fate, i più comuni sono le affezioni psichiche,
reumatismi, epilessia, colera e la peste.Ibid.,p.90
Giurano di essere come
fratelli gli uni per gli altri, di osservare la castità per i prossimi (nove-
undici o quindici giorni) non comunicare con estranei e di ubbidire al loro
capo. Dopo il giuramento, in cima allo stendardo viene appeso un sacchetto con
erbe mediche, non possono parlare, per timore, che le zîne li facciano
ammaliare. L’attributo centrale dei căluşari è l’abilità acrobatica
coreografica, in particolare, la capacità di danzare e danzando dare
l’impressione di volare. I loro salti, alludono al galoppo del cavallo, ma allo
stesso tempo alle danze delle fate. I danzatori richiedono e contano sulla
protezione di Herodiada, ma allo stesso tempo rischiano di diventare vittime
del suo seguito (fate). Per circa due settimane i căluşari vanno in giro
per villaggi e casolari, accompagnati da duo o tre violinisti, suonando,
danzando e, in caso curando le vittime delle fate. Si crede che durante lo
stesso periodo,(dalla terza settimana dopo Pasqua alla Pentecoste) le zîne
volino, cantino, danzino in particolare la notte. Si possono udire i loro
campanelli e cembali ed anche altri strumenti musicali; hanno infatti al loro
servizio violinisti, zampognari e perfino un alfiere. La protezione più
efficace contro le fate è costituita dall’aglio e dall’essenzio, le stesse
piante magico-mediche, che stanno nel sacchetto in cima allo stendardo dei căluşari. Se due gruppi di căluşari
si incontrano, ingaggiano una violenta battaglia, quando il gruppo fa
ritorno al villaggio, la drammatizzazione finale viene chiamata guerra; lo
stendardo viene piantato a terra e un căluşar si arrampica sull’asta,
gridando: “guerra, gente, guerra”. Ibid.,p.92