lunedì 15 aprile 2013



Presentazione Video del libro di Poesie e disegni di Chiara Beltrami


Legolibri 12 Aprile 2012









1° Parte



2° Parte





3° Parte


sabato 13 aprile 2013


Valeria Bianchi Mian e Laura Guidetto


Fiabe nate per rompere le scatole






I laboratori creativi La Scatola delle Meraviglie lasciano la parola all’immaginazione.
 Si parte in gruppo, osservando tante immagini: figure, disegni, stimoli visivi.
Il gruppo narra una fiaba, un passo a testa, ed è il primo passaggio. Trovare individualmente le sfumature della propria storia, dare un proprio finale o costruire una propria elaborazione della narrazione corale, e rappresentare il tutto con una creazione artistica “in scatola” è il secondo livello del laboratorio. E alla fine? Che cosa si produce? Provate a seguire il filo…

… dal laboratorio del 23 Marzo 2013, una storia.

C’era una volta
una fanciulla dotata di poteri magici, tra i quali la capacità di elevarsi sia sopra la terra che sulle acque. Questa fanciulla un giorno incontrò un ragazzo, un uomo dai molti occhi, un personaggio che viaggiava spostandosi proprio attraverso i numerosi punti di vista; egli viaggiava osservando tutto intorno a sé.
Lo sguardo dell’uomo dai tanti occhi era rivolto al mondo; lo sguardo della fanciulla era invece rivolto dentro di sé, forse troppo…  La fanciulla si sentiva chiusa, come prigioniera dentro una scatola. Da un piccolo spiraglio, lei prese ad osservare quello strano personaggio, e riflettendosi in lui, prendendo spunto, scrutando in profondità, la fanciulla si accorse che il luogo in cui si trovava non era solo una scatola, ma un labirinto. Come ogni labirinto che si rispetti, anche questo spazio aveva di certo una via d’uscita.
Contemporaneamente, da qualche altra parte, lontano dal labirinto, o forse vicino, un certo Francesco se ne stava in piedi davanti alla finestra, custode “immobile “ del proprio sogno. Se ne restava lì.
Nel labirinto, invece, la fanciulla camminò a lungo e incontrò un nuovo personaggio; una bambina che la aiutò a trovare la strada. Grazie a questa nuova compagna di viaggio, finalmente una via d’uscita si palesò.
Solo chi ha percorso il labirinto e nel procedere ha potuto guardarsi dentro, scopre un mondo senza chiusure, e può andare fuori dalla scatola… mentre Francesco continua a custodire il sogno…
La scatola è un contenitore definito, molto diverso dal foglio bianco sul quale una storia va a cominciare. Il contenitore chiude o protegge? Può essere prigione, labirinto, o uovo che prepara alla nascita. Il simbolo ha indubbiamente in sé la potenza creatrice e quella distruttiva, può attanagliare l’anima oppure aiutarla a liberarsi. L’utero soffoca il feto, lo stringe a sé, ma poi, con forza che ha in sé l’elemento Yang, lo libera, lo fa nascere, lo spinge fuori.
Il Vas degli antichi alchimisti era il ventre creativo dell’Opus, luogo chiuso, serrato, che impediva allo spirito di volatilizzarsi, ma dal quale prendeva forma il Lapis Philosophorum, l’oro come simbolo di totalità psichica.
Carl Gustav Jung presenta il vaso di Madama Alchimia in tutta la sua potenza simbolica, come luogo in cui il Re si trasforma, trasformando il ventre stesso della Regina madre, sposa, figlia. Gli opposti si congiungono nel vaso, e nello stesso spazio il Mercurio filosofico, operando attraverso la propria essenza di medium coniungendi, prima separa e poi riunisce, compie il processo, diventa, inventa il nuovo.
Se il significato simbolico dell’opera alchemica è la conoscenza di sé, certamente non basta una fiaba costruita in gruppo per rappresentare pienamente questo percorso, e noi psicoterapeuti sappiamo bene che un laboratorio creativo non è un lavoro clinico, né aspira ad esserlo. Lo spunto per accennare al percorso di trasformazione del’Io, però, è dato dal simbolo, che è vivo, e salta fuori dalla bottiglia, a volte, come il diavolo delle fiabe. Come il Mercurio alchemico, un contenuto simbolico è capace di comparire in piccole cose, quasi di soppiatto, e la sua voce può sussurrare da ogni voce, essendo indubbiamente qualche cosa di collettivo, ma anche di individuale. La traccia simbolica parla un linguaggio multiforme, un po’ come l’uomo della fiaba guarda il mondo con tanti occhi.  

Un’altra fiaba, anzi un mito, ma solo accennato… per riflettere.

Preso in debita considerazione, il contenitore, la scatola, il vaso alchemico delle nostre fiabe, si rivela labirintico. Come il vaso, il labirinto è passaggi e indovinelli, circonvoluzioni dell’intelligenza umana, richiama il cervello e le sue insenature, ma anche gli intestini pieni di mostri dietro l’angolo. Il labirinto è prova per iniziati, ma anche tomba per coloro che errando a vanvera, errano fino alla morte. 
C’era una volta Arianna,
una donna dedita a guidare il bel Teseo in lungo e in largo per tutto il labirinto costruito dal Re Minosse. Teseo, mitico eroe degno di gloria per aver sconfitto il Minotauro (ovvero il mostro divoratore di giovani umani, con il corpo metà toro e metà uomo) dopo l’impresa riuscì ad uscire dal labirinto, ma evidentemente non grazie alla propria intelligenza. Viene spontaneo domandarsi che fine avrebbe fatto senza Arianna. Occupata a guardare Teseo, naturalmente quest’ultima non si accorgeva di quanto il labirinto le chiudesse lo sguardo e la distogliesse da se stessa.
Nella fiaba del gruppo, qualcosa sussurra il nome di Arianna. Una novella Arianna, con il coraggio di cambiare. Niente più Teseo, che oltretutto nel mito abbandona la bella dopo essersene servito. Invece, un richiamo all’incontro con Dioniso che, “guarito” dalla follia, la sposa e la conduce con sé. Il personaggio di Francesco accennato nella fiaba viene ripreso infatti nelle scatole create, e si rivela importante proprio per comprendere la stessa fanciulla. Custodire il sogno è comprendere i sogni; è dar valore allo sguardo interno ed esterno.
Nel mito il femminile Arianna si sviluppa a partire dalla separazione da Teseo, viene in qualche modo riscattata dall’incontro con l’elemento dionisiaco. La coscienza di sé avviene come incontro con il dio, dopo l’abbandono.
Nella fiaba di questo gruppo, compare un femminile rivolto a se stesso, ma non attanagliato in sé, non in sé chiuso e concluso come un serpente che divora la propria coda, Uroboro che gira sempre in tondo. Il femminile che viene tracciato riguarda un po’ tutte le donne: rivolgendosi a se stesso, il femminile ritrova la bambina, una piccola nuova Arianna, guida però di se stessa, dell’adulta che diventerà. Il maschile può avere mille occhi e guardare fuori, ovunque, tutto e niente. Oppure restare custode del sogno, avvicinandosi magari piano piano, solo quando lei, fanciulla che cerca se stessa, comincia a riconoscersi…  

A tutte le donne che hanno voglia di raccontare fiabe.





giovedì 11 aprile 2013



Venerdì 12 aprile 2013 – ore 21.00

LEGOLIBRI psicoanalisi e dintorni contemporanei
via Maria Vittoria 31 - Torino - tel +39011888975


Presentazione del libroLe tre dimensioni della luce e dell’ombradi Chiara Beltrami.
Sarà presente l’autrice che  dal 2001  è attiva nel mondo artistico creando opere a pastello e carboncino sempre accompagnate da un testo poetico da lei stessa scritto, approfondendo così il suo interesse per il rapporto esistente fra concetti, emozioni e immagini.


Intervengono le Dott.sse Laura Guidetto e Valeria Bianchi Mian
(Psicologhe psicoterapeute : le-hermae.blogspot.com)






Il  fiume trasporta
una sfera di terra
fra braccia rosate
nella barca di luce.

                                                
Info e prenotazioni gratuite: artepsicologiapiemonte@fastwebnet.it – 011752920

IAAP – Arte e Psicologia – Sezione Piemontese
Sede: Via Giacomo Medici 11, 10143 Torino - Tel. 011752920
artepsicologiapiemonte@fastwebnet.it - www.insiemecon.com/artepsicologiapiemonte






martedì 2 aprile 2013


Laura Guidetto 

Sulle tracce di un femminile
II parte





Le descrizioni relative al Sabba, per Jules Michelet, (1959) sono mutate nel tempo, quelle più particolareggiate sono le più tardive. Fino all’anno 1000, i sabba notturni non furono che un vago resto di paganesimo, alle danze si mescolavano allegorie di vendetta, farse satiriche, beffe e caricature del signore e del prete. Perché diventi una guerra dichiarata al Dio di quel tempo, bisogna aspettare il secolo XIV, sotto il papato di Avignone, durante il grande scisma, solo allora il sabba assunse la forma grandiosa della Messa nera e dell’ufficio a rovescio.[1]
Eugenio Battisti (1964), sottolinea la convergenza delle descrizioni sulle cerimonie, date dalle accusate di stregoneria durante i processi. In molti casi la funzione  si svolgeva in luoghi aventi una lunghissima tradizione di culto, la scelta del luogo in genere non era casuale ma indicava un connessione stretta con la natura e che dalla natura stessa coglieva gli attributi del sacro; solitamente si radunavano in un bosco, su un poggio, o attorno ad un albero.
L’assemblea era accompagnata da banchetti, processioni, danze sacre, era la più elementare e diffusa forma di culto. Le donne erano solitamente le protagoniste, forse come sottolinea  Eugenio Battisti per un ricordo matriarcale, che sempre più è venuto a precisarsi in queste ricerche, anche se non era limitato solo a persone dello stesso sesso[2].
La “cerimonia”, solitamente avveniva in giorni fissi, anche ricorrenti, presumibilmente in un momento magico in rapporto con il sorgere della luna, o le sue fasi. Varie erano le fasi del rito, atto di prostrazione e presentazione alla regina (Diana, Erodiade..), il banchetto, l’accoppiamento, il tutto non doveva necessariamente seguire un rituale coerente, alcune fasi potevano essere sopresse o anche solo simboleggiate. [3]
Carlo Ginzburg, (1989) rileva come l’immagine del sabba emerse per la prima volta nella seconda metà del’300 ed espone alcuni elementi ricorrenti nella maggior parte delle descrizioni rilasciate. Tali considerazioni sono  ricavate dai processi di stregoneria, celebrati tra il principio del’400 e la fine del’600, da un capo all’altro dell’Europa. Stabilisce una connessione importante, tra l’arrivo del bacillo della peste[4], a metà del trecento e per il quale vennero accusati gli ebrei[5] quali responsabili dell’epidemia, ed una serie di reazioni a catena che si avvicendarono. Ossessione del complotto, stereotipi anticlericali e tratti sciamaici[6] si fusero insieme, facendo emergere  l’immagine minacciosa della setta stregonesca. Nel 1348 la peste dilagava, la gente moriva come mosche, individuare dei responsabili umani dava l’illusione di poter fare qualcosa per fermare l’epidemia, “Le teorie del complotto prosperano bene sul terreno dell’immaginazione”.[7]
L’emergere del sabba, presuppone la crisi della società europea del ‘300, le carestie, la peste, la segregazione o l’espulsione dei gruppi marginali che l’accompagnarono. Le trasformazioni in senso diabolico delle varie credenze si protrassero per decenni in tutto l’arco alpino.[8] Nell’immagine del sabba, Ginzburg quindi distingue due filoni culturali di provenienza eterogenea: da un lato, il tema elaborato da inquisitori e giudici laici, del complotto ordito da una setta o da un gruppo sociale ostile, dall’altro elementi di provenienza sciamanica ormai radicati nella cultura folklorica, come il volo magico e le metamorfosi animalesche. Ma questa fusione avvenne e fu così solida e duratura perché tra i due filoni vi erano profonde affinità. “Al fondo dell’immagine del complotto c’era un tema antichissimo, anche se rielaborato in termini nuovi: l’ostilità del morto recente- l’essere marginale per eccellenza- nei confronti della società dei viventi.”[9] In una società di vivi, i morti possono essere impersonati solo da coloro che sono inseriti imperfettamente nella società. La marginalità e l’imperfetta assimilazione accomunarono anche le figure che sul versante del complotto, furono gli antecedenti storici di streghe e stregoni: i lebbrosi[10] e gli ebrei, accusati  di contagiare i sani avvelenando i pozzi.
In molte culture è presente l’idea che alcuni animali come: colombe, gufi, donnole, serpenti, lucertole, succhino il latte delle mucche o delle capre, talvolte anche delle donne. In Europa, sottolinea Carlo Ginzuburg, questi animali sono generalmente associati alle streghe, o alle fate. Nella cultura latina, dove l’ostilità dei morti verso i viventi, la sete dei morti è espressa nella raffigurazione dell’anima sotto forma di uccello, di ape o di farfalla, tali immagini si fusero in quelle della strix[11].
Ginzburg, sottolinea come non sia difficile da immaginare che tra i potenziali accusati di stregoneria, le donne dovessero apparire, in particolare se di trattava di donne sole, perciò socialmente indifese, le più marginali tra i marginali. Ma oltre ad essere sinonimo di debolezza, questa marginalità rifletteva forse anche, in maniera più o meno oscura, la percezione di una contiguità tra chi genera la vita e il mondo informe dei morti e dei non nati.[12]
Inoltre, nell’analizzare il tema della marginalità, collegato alla “stregoneria”, Carlo Ginzburg (1989) traccia un largo affresco, partendo dalle figure marginali, quali capri espiatori di tensioni sociali diffuse.
L’elemento unificatore nelle ondate persecutorie, dove quello che si modificava era solo il  bersaglio, da lebbrosi-ebrei[13] agli ebrei, a ebrei-streghe, lasciando immutata l’immagine ossessiva del complotto[14]  ai danni della società.[15] “Analogamente ai lebbrosi e agli ebrei[16], stregoni e streghe si situano ai margini della comunità; la loro cospirazione è ancora una volta ispirata da un nemico esterno- il nemico per eccellenza- il diavolo. E dal patto stipulato col diavolo gli inquisitori e i giudici laici cercheranno sui corpi degli stregoni e delle streghe la prova fisica: lo stigma che lebbrosi e ebrei portavano invece cucito sugli abiti.”[17]
L’accusa di stregoneria, veniva incoraggiata dai vertici del potere ecclesiastico e statale, poiché consentiva con grande facilità l’eliminazione dei nemici politici. Era evidente non poter accusare chiunque di essere ebreo o lebbroso, molto più semplice era costruire la fama di strega o stregone.[18] l’Europa, politicamente stava vivendo l’incrinarsi dell’unità politica che aveva caratterizzato l’Europa cristiana fino a quel momento.
La crisi del ‘300 ebbe dei gravi risvolti economici e sociali, ma anche le carestie e le infezioni epidemiche furono devastanti.[19]
Per Carlo Ginzburg, vi è un terreno comune alla base delle accuse, prima di eresia e in seguito di stregoneria. Inoltre le donne essendo fortemente rappresentate nelle sette eretiche medioevali e la loro prevalenza in quei gruppi poteva aver favorito la loro successiva identificazione con le streghe stesse. [20]

Secondo Serena Foglia le descrizioni sul sabba rilasciate dalle streghe esprimono le condizioni esistenziali insostenibili, frustrate da rigidi e insovvertibili tabù sessuali, queste donne proiettavano nel sogno speranze liberatorie e desideri repressi nel loro inconscio. Il momento onirico, per lo più sollecitato da droghe allucinogene, quali la belladonna e l’acconito, tradizionalmente usati per la preparazione di filtri, si sostituivano dunque alla realtà, e come realtà veniva forzosamente considerato durante i processi[21]. Ernest Jones, nel suo scritto Psicoanalisi dell’incubo, ritiene probabile che i sogni avessero da sempre esercitato una profonda influenza sulla formazione dei pensieri allo stato di veglia, questo avveniva ancora di più nel passato, quando l’importanza attribuita ai sogni era ancora maggiore[22]. Spesso la vividezza di un sogno poteva ingannare chiunque, inducendo a confonderlo con fatti reali. Tale fenomeno era particolarmente frequente in tutte le esperienze in cui erano coinvolti intensi eventi emotivi, non solo nei sogni ma anche nelle trances da estasi e nelle visioni. Tale fenomeno ha avuto un’influenza maggiore in menti meno istruite, come quelle di bambini e dei primitivi.[23]

Per Ernest Jones, il significato alla base dell’esperienza dell’incubo, è della stessa natura presente in alcuni elementi della credenza popolare che per tre secoli la Chiesa Cattolica aveva fuso insieme all’ossessione del Diavolo, e “all’epidemia di stregoneria”. La Chiesa volle dimostrare come tutte le eresie  erano in sostanza confluite nel “culto del Diavolo”.[24] Jones ha cercato di spiegare l’influenza che ebbero le esperienze dell’incubo nel formarsi di alcuni falsi concetti, quali: l’incubo, vampiro, lupo mannaro, diavolo, streghe, tra loro infatti vi sono molti punti in comune. 
Generalmente veniva riconosciuto all’incubo un forte influsso sulla fantasia, maggiore di qualsiasi altro sogno; in particolare per la credenza negli spiriti maligni e nei mostri. Alcuni studiosi di mitologia fecero risalire la credenza degli spiriti all’esperienza dell’incubo.[25] “..L’incubo è  una forma di attacco di d’angoscia, dovuto essenzialmente a un intenso conflitto mentale che si accentra su una qualche componente rimossa dell’istinto psicosessuale, tipicamente sulla riattivazione dei normali desideri incestuosi dell’infanzia -, e, infine, che può essere suscitato da qualsiasi stimolo periferico atto a risvegliare, attraverso associazioni, questa massa di sentimenti rimossi” [26]
L’incubo è solo una varietà del sogno d’angoscia, la differenza essenziale è nel contenuto latente che risulta altamente stereotipato. Nei sogni d’angoscia, il contenuto latente è un desiderio sessuale rimosso, solitamente di natura incestuosa, nell’incubo si riferisce generalmente al normale atto sessuale.
Nel Medioevo l’incubo, veniva catalogato nel suo nome scientifico come un “demone libidinoso” che di notte visitava le donne, giacendo pesantemente su di loro e violentandole contro la loro volontà.[27]La credenza che potesse esservi un rapporto sessualetra esseri umani e esseri soprannaturali, era una delle più diffuse tra i popoli. La Chiesa, a quei tempi considerava gli incubi essenzialmente “demoni dell’inferno”, capaci di tentare il fragile essere umano.  L’esorcismo non aveva nessun influsso su di loro, differenziandoli per questo dai demoni maligni.
Pare che le più colpite da questi visitatori notturni fossero le donne, in particolare vedove, vergini e monache.[28]
Mircea Eliade, per comprendere il fenomeno della stregoneria ritiene necessario, data la complessità dell’argomento, rivolgersi al contributo di discipline quali il folclore, l’etnologia, la sociologia, la psicologia, e la storia delle religioni. Consultando documenti indiani e tibetani, si può capire come la stregoneria in Europa non possa considerarsi un’invenzione nata da persecuzioni religiose o politiche e neppure da una setta demoniaca devota a Satana e promotrice del male. I caratteri attribuiti alle streghe europee sono vantati fatta eccezione per Satana e il sabba, anche dagli yogi e maghi indo-tibetani.[29]
Una prova comparativa preziosa proviene da un processo analogo avvenuto nella regione italiana del Friuli, durante il XVI e il XVII secolo. Grazie a Carlo Ginzburg, si sa, che un culto popolare, quello dei “benandanti” si modificò progressivamente, sotto le pressioni dell’Inqisizione, finendo per assomigliare alla stregoneria tradizionale. Da un documento del 21 marzo 1575, viene riferito all’inquisizione della diocesi di Acquileia e di Concordia, che in alcuni villaggi, ci sono degli stregoni chiamati “benandanti”, che dichiarano di essere stregoni buoni, in quanto impediscono il male, mentre altri stregoni lo fanno. “Io sonno benandante perché vo con li altri a combattere quattro volte l’anno, cioè le quattro tempora, di notte , invisibilmente con lo spirito et resta il corpo; et noi andiamo in favor di Christo et li stregoni del diavolo, combattendo l’uno con l’altro, noi con le mazze di finocchio et loro con le canne di sorgo”. [30]
Come evidenzia l’autore al centro dei convegni notturni dei benandanti emerge un rito di fertilità, che si modella sulle principali vicende dell’anno agricolo; i benandanti si recano ai loro convegni a cavallo di lepri, gatti e altri animali e lo stato di letargo che precedeva le riunioni era simile a quello narrato dalle streghe durante le loro confessioni.
Il rito centrale è piuttosto enigmatico, il raduno non presenta i classici caratteri satanici, i benandanti muniti di rami di finocchio, combattono contro streghe e stregoni, armati di canne di sorgo.[31] Dichiarano di compiere il loro viaggio in spirito, nel sonno. Prima del viaggio cadono in un grande stato di prostrazione, una specie di catalessi, durante la quale la loro anima ha la capacità di abbandonare il corpo, sebbene compiuto in spirito è per loro reale.
Dopo 850 processi e denunce al Sant’Uffizio di Aquileia e Concordia, nel 1634, si arriva ad una testimonianza piena sul sabba diabolico tradizionale. Per effetto dei numerosi processi, i benandanti cominciano ad adeguare le loro confessioni a quelle che lo schema demonologico impose loro senza tregua. Dopo cinquant’anni di processi, si impose l’assimilazione dei benenandanti alle streghe.
Grazie a queste testimonianze Ginzburg, è riuscito a mostrare come un culto con caratteristiche nettamente popolari, come quello dei benandanti, si sia a poco a poco modificato sotto le pressioni degli inquisitori nelle vesti della stregoneria tradizionale. In questo modo è stato possibile assistere al sovrapporsi di una credenza “genuinamente popolare” ad uno schema colto, consentendo quindi la ricostruzione della mentalità contadina di quel periodo.[32]
L’autore illustra come, quasi in un secolo, partendo dai primi processi sotto le pressioni degli inquisitori, i benandanti si trasformarono in stregoni, e i convegni notturni per provocare fertilità nel sabba diabolico. “Per il Friuli, si può affermare con sicurezza che la stregoneria diabolica si diffuse come deformazione di un precedente culto agrario.”[33]Attraverso le battaglie notturne, combattute dai benendanti contro streghe e stregoni, è possibile vedere una versione simmetrica maschile, di un culto  per lo più femminile.
Le battaglie estatiche dei benandanti hanno lasciato tracce debolissime  sia nella letteratura canonistica che in quella demonologica. Gli Inquisitori, nell’unica zona in cui si trovarono di fronte a queste credenze, il Friuli, le ritennero una variante locale del sabba.
Le battaglie combattute in estasi per la fertilità non sono state un tratto culturale limitato all’ambito linguistico indoeuropeo. L’estasi, è stata identificata come un tratto caratteristico degli sciamani[34] eurasiatici (lapponi, samojedi, tungusi ) e anch’esse sono popolate di battaglie. Sprofondati in catalessi, uomini combattono contro uomini e donne contro donne: le loro anime si scontrano sotto forma di animali, di solito renne, finché una soccombe, provocando l’infermità e la morte dello sciamano perdente.[35] Come non pensare, sostiene Ginzburg, alle estasi dei benandanti. “E’ inevitabile concludere che uno stesso schema mitico è stato ripreso e adattato in società molto diverse tra loro, dal punto di vista ecologico, economico, sociale. In comunità di pastori nomadi gli sciamani cadono in estasi, per procurare renne. I loro colleghi, in comunità di agricoltori, fanno lo stesso per procurare-a seconda dei climi e delle latitudini-segale, grano, uva.” [36] In una società cristianizzata, la posizione di questi individui  era inevitabilmente più difficile, in questo modo Ginzburg, spiega la differenza tra l’estasi dello sciamano[37] che aveva un carattere collettivo e quella dei benandanti che avvenivano in forma privata.
Ma è proprio per queste  differenze di contesti culturali, che le estasi degli sciamani eurasiatici e quelle dei loro colleghi europei appaiono impressionanti. “Testimonianze frammentarie, lontane nel tempo e nello spazio, che mostrano ancora una volta la profondità dello strato culturale che abbiamo cercato di portare alla luce” [38]
Mircea Eliade, considera anche un’area diversa, trascurata dagli studiosi occidentali: le tradizioni folkloristiche rumene. In Romania è possibile trovare una cultura popolare arcaica sviluppatasi sotto un controllo clericale meno rigido di quello dell’Europa centrale e occidentale. Inoltre la Chiesa rumena, non possedendo un’istituzione analoga all’Inquisizione, non è atata sottoposta alla stessa censura. Malgrado il manifestarsi di eresie, in Romania non è mai esistita una persecuzione sistematica delle streghe.
La parola “strega” in latino[39] si diceva striga, in rumeno striga è divenuto strigoi.[40] Le strigoi nascono avvolte nella membrana amniotica e, divenute adulte, la indossano rendendosi in questo modo invisibili. Posseggono poteri soprannaturali: possono entrare in una casa con le porte chiuse, o trastullarsi con lupi ed orsi.[41] Le strigoi possono trasformarsi in cani, gatti, lupi, rospi e altri animali[42]. Si radunano fuori dai villaggi, in campi, oppure “alla fine del mondo, dove l’erba non cresce[43] Giunte sul posto, prendono forma umana e iniziano a combattere tra di loro con mazze, assi, falci e altri arnesi, la notte intera, alla fine si mettono a gridare e si riconciliano. Tornate a casa esauste, pallide, senza sapere cosa è loro accaduto, cadono in un sonno profondo. Non si conosce nulla sul significato o sull’oggetto di queste battaglie notturne, ma ricordano sicuramente quelle dei benandanti.[44]
Altro elemento importante, che può aiutare nelle comprensione del fenomeno, è quello relativo alle credenze legate alla dea Diana,[45]  e alle sue seguaci.
In rumeno, il nome della dea Diana[46] diventa zîna (< diana), che significa “fata[47].
Le zîne, ovvero le fate, rivelano nel loro stesso nome la discendenza da Diana, hanno un carattere piuttosto ambivalente, possono essere crudeli, tanto che è meglio non pronunciare il nome.[48] Le malattie provocate dalle fate sono curate efficacemente dal rituale coreografico e catartico di un gruppo di danzatori, una società segreta (Männerbund) chiamati căluşari[49]. Patrona di questa società catartica segreta è la “regina delle fate” (Doamna Zînelor), metamorfosi rumena di Diana. Questa regina delle fate è anche chiamata “Irodiada (= Herodiada) o Arada”, nomi famosi tra le streghe dell’occidente. L’istruzione si svolge nella foresta o in altri luoghi solitari, consiste in particolare nell’insegnamento di numerose danze, in particolare acrobatiche. I căluşari, sono armati di spade e di bastoni, hanno anche uno stendardo  su cui giurano di rispettare i costumi e le regole della compagnia.[50]  Lo scenario dei căluşari implica la fusione di idee e tecniche magico-religiose opposte, quantunque tra loro complementari,le tecniche catartiche dei căluşari sono basate su una coreografia specifica, che imita il modo di essere delle fate.[51]
La persistenza di questo scenario arcaico precristiano, trova la sua spiegazione sull’unione di principi antagonisti qui riuniti e riconciliati, malattia e salute, morte e fertilità trovando una personificazione nell’espressione della diade primordiale maschile-femminile.[52]
Questo getta una luce importante anche sulla stregoneria occidentale, non vi sono dubbi sulla continuità di alcuni importanti rituali e credenze pagane quasi sempre connesse con la fertilità e la salute, tali scenari mitico-rituali implicavano un combattimento  tra due gruppi di forze opposte, complementari, personificate in figure mitologiche (benandanti, căluşari,strigoi). Il combattimento tra i due gruppi era seguito da una riconciliazione, uno dei due gruppi opposti impersonava gli aspetti negativi dell’antagonismo, esprimendo  il processo della vita cosmica e della fertilità, la personificazione del principio negativo poteva essere interpretata come personificazione del male.[53] Questo sembra essere accaduto con le strigoi rumene, con le zîne, le fate che costituiscono però anche il seguito di Diana e, sotto la pressione dell’Inquisizione, con i benandanti. “In Occidente, comunque, il processo è stato molto più complesso, data la precoce identificazione di qualsiasi residuo mitico-rituale precristiano con le pratiche sataniche e, in definitiva con l’eresia(…) la caccia alle streghe ha radice in scenari mitico-rituali paragonabili a quelli sopravvissuti fra i benandanti italiani e nella cultura popolare rumena. In tempi di crisi religiosa o sociale, sotto la pressione economica  o ecclesiastica, tali sopravvivenze popolari possono aver ricevuto un nuovo orientamento sia spontaneamente che come riflesso dei processi dell’Inquisizione; possono essersi trasformate, nella fattispecie, in magia nera.”[54]
L’accusa classica rivolte alle streghe, sono le loro pratiche orgiastiche, descritte con poche varianti, questa monotonia diventa significativa se si nota che fin dall’inizio del XI secolo, esattamente la stessa accusa viene rivolta contro i diversi movimenti riformatori imputati di eresia. (p.96) Dei Catari si diceva si riunissero di notte  e dopo aver ascoltato un sermone e aver ricevuto i sacramenti eretici banchettassero e gozzovigliassero, la stessa accusa venne rivolta contro i Fratelli del Puro Spirito.





[1]Jules Michelet, La Sorcière,p.86

[2] Eugenio Battisti, La civiltà delle streghe.

[3] Ibid.,p.20

[4] Nel 1347, dodici galere genovesi provenienti da Costantinopoli sbarcarono da Messina. Tra le merci delle stive c’erano topi portatori del bacillo della peste. Dalla Sicilia l’epidemia si diffuse rapidamente fino ad investire quasi tutto il continente. Gli ebrei furono identificati come copevoli della pestilenza. Carlo Ginzburg, Storia notturna una decifrazione del Sabba,p.36
[5] Durante l’alto medioevo la propaganda contro la religione ebraica fu piuttosto scarsa, cristiani ed ebrei vissero per lo più in pace, fianco a fianco. Nel momento in qui gli eretici iniziarono ad essere considerati i servitori di Satana, intorno all’anno 1100, gli ebrei furono coinvolti nello stesso destino. La repressione coinvolse ugualmente eretici e infedeli, tipico il caso degli ebrei, visti come veri e propri outsider e che la mentalità popolare accomunava in molti tratti alle streghe. Marina Romanello, La stregoneria in Europa,p.13
[6] Ginzburg mostra come una parte importante del nostro patrimonio culturale provenga, attraverso tramiti che sfuggono, dai cacciatori siberiani, dagli sciamani dell’Asia settentrionale e centrale, e dai nomadi delle steppe. Senza questa lenta sedimentazione l’immagine del sabba non avrebbe potuto emergere. Carlo Ginzburg, Storia notturna una decifrazione del sabba.
[7] Ibid.,cit., p.38
[8] Ibid.,p.276

[9] Ibid.,cit.,p.281
[10] Nel 1431, quasi tutta la Francia vide uno sterminio di lebbrosi, molti furono imprigionati, altri bruciati; venivano accusati di spargere veleni per uccidere la popolazione. L’accusa sosteneva che i veleni venivano sparsi nelle  fontane, nei pozzi e nei fiumi con il fine di trasmettere la lebbra anche ai sani. I processi contro di loro si susseguirono, per la prima volta l’Europa aveva deciso un programma di reclusione così massiccio. Ginzburg, Storia notturna una decifrazione del sabba, Einaudi, Milano,1989
[11] Strix, stridulo uccello notturno assetato del sangue dei lattanti. Ma il termine strix veniva anche riferito alle donne che, erano in grado di trasformarsi in uccelli. Ibid
[12] Ibid.,p.282

[13] Agli occhi di molti cristiani queste “strane creature” divennero dei demoni sotto spoglie umane, dotati di poteri misteriosi e infinitamente sinistri. All’inizio del ‘300, la loro marginalità si trasformò in una vera e propria segregazione, con la creazione di ghetti. Storia notturan una decifrazione del sabba.
[14] Il mito dei servitori di satana, riapparve in un nuovo contesto, come il mito della cospirazione mondiale degli ebrei nel XIX secolo. Si è soliti pensare che l’ossessione antisemitica dei nazisti fosse una forma di razzismo particolarmente virulento, per Cohn tale opinione è errata. Al centro dell’antisemitismo hitleriano vi è l’idea che tutti glie ebrei, per miglia di anni dovunque si siano uniti nello sforzo incessante di insidiare, sovvertire e infine dominare il resto dell’umanità. Anche se nella mente di Hitler e nell’ideologia nazista questa idea appare ammantata dalla pseudoscientifica veste del razzismo, la sua natura è del tutto diversa.Nicolas Cohon, Il mito di Satana e degli uomini al suo servizio,in Mary Douglas, La stregoneria,Einaudi, Torino,pp.35-49,p.46
[15]Carlo Ginzburg, Storia nottirna una decifrazione del sabba.,p.45
[16] Intorno all’anno 1100, gli ebrei, come gli eretici iniziarono ad essere considerati servitori di Satana. Nel XII secolo, gli ebrei furono accusati per la prima volta di misfatti come l’uccisione rituale di bambini cristiani, torture all’ostia consacrata, avvelenamento dei pozzi. “Soprattutto, la gente cominciò a sostenere che essi adoravano Satana e che Satana in cambio li ricompensava rendendoli collettivamente padroni della magia nera.(…) essi venivano considerati possessori di illimitati poteri del male”(N.Cohon, Il mito di Satana e degli uomini al suo servizio,in: M.Douglas,1980, La stregoneria,Torino:Einaudi.pp.35-49,p.46.)

[17] Ibid.,cit.,p.46

[18]Marina Romanello, La stregoneria in Europa,p.14
[19] Ibid.p.14
[20] Brian P. Levack, The Whitch-hunt in Early Modern Europe,p.146

[21]Serena Foglia, Il libro delle streghe, p.54
[22] Da sempre l’uomo ha trattato il fenomeno onirico con una sorta di riverente rispetto; anticamente il sogno era considerato la diretta manifestazione della volontà degli dei o dei demoni e pertanto gli veniva attribuito un potere divinatorio e salvifico. Esso era interpretato come un tramite che connetteva con una realtà ultraterrena. “Nell’ingenua opinione di chi si sveglia, il sogno, se pure non proviene da un altro mondo, ci rapisce tuttavia, mentre dormiamo, in un altro mondo”  Sigmund Freud, Die Traumdeutung,Bollati Boringhieri, Torino, 1899, p. 28

[23] Ernest Jones, On the Nightmare, Liveringht Paperbound, New York, 1971

[24] Ibid.,p.10

[25] Ibid.,p.70

[26] Ibid., cit.,p.71

[27] Ibid.,p.71

[28] Ibid., p.79

[29] Anch’essi sono ritenuti capaci di spostarsi in volo per aria, rendersi invisibili, uccidere a distanza, dominare demoni e spiriti. Questi adepti di sette indiane, si attribuiscono e vantano di infrangere tutti i crimini e le orrende cerimonie citate nei processi alle streghe dell’Europa occidentale. Mircea Elide, Occultism, Witchcraft, and Cultural Fashions, Chicago 1976, , Trad. it: Occultismo stregoneria e mode culturali Saggi di religioni comparate, Sansoni Ed, Firenze.
[30] Carlo Ginzburg, I benandanti, Einaudi, Torino, 1966, cit.,p.10

[31] Se sono vittoriosi nei combattimenti delle quattro tempora, il raccolto di quell’anno sarà abbondante, in caso contrario si avranno miseria e carestia.. Hanno una bandiera di ermellino bianco dorata, quella degli stregoni è gialla con quattro diavoli dentro. Tutti hanno in comune il fatto di essere nati con la camicia, cioè avvolti nella membrana amniotica.Mircea Eliade, Occultism, Witchcraft, and Cultural Fashions, p.83
[32]Carlo Ginzburg, I Benandanti.
[33] Ibid.,cit.,p.XII

[34] In alcune parti della Siberia si diventa sciamani per via ereditaria; ma tra gli Yurak-Samojedi il futuro sciamano è designato da una particolarità fisica-l’esser nato con la camicia, come un benandante. Anche per gli sciamani l’inizio della vocazione è spesso accompagnato da disordini psicologici: un fenomeno complesso che in passato alcuni osservatori europei classificarono in senso patologico, parlando di “isteria artica”.Ginzburg, Storia notturna una decifrazione del sabba,p.150
[35] In Lapponia alcune saghe raccolte in età contemporanea descrivono due sciamani (no’aidi) che si battono in duello dopo essere caduti in estasi, cercando di attirare dalla propria parte il maggior numero di renne. Carlo Ginzburg, Storia notturna una decifrazione del sabba,p.149
[36] Ibid.,1989,cit.,p.149

[37] L’anima dello sciamano, trasformata in lupo, orso, renna, pesce, oppure in groppa a un animale (cavallo o cammello), abbandona il corpo esanime. Dopo un certo tempo, lo sciamano esce dalla catalessi per riferire agli spettatori del rito cosa ha visto, che cosa ha appreso, cosa ha fatto nell’altro mondo. Ibid.,p.150
[38] Ibid.,cit.,p.151

[39] Il rumeno inoltre essendo una lingua romanza, durante il medioevo non ha subito l’influenza del latino ecclesiastico e scolastico, rappresenta uno sviluppo diretto del latino volgare parlato in Dacia nei primi secoli della nostra era. Questo arcaismo linguistico aiuta nella comprensione della stregoneria europea.
[40] sia come strega viva che morta (sinonimo nel secondo caso di vampiro).
[41] Inoltre sono portatrici di epidemie per uomini e bestie, “legano” o sfigurano gli uomini, provocano  la siccità “legando” la pioggia, prendono il latte alle mucche, gettano il malocchio.
[42] Ibid.,p88
[43] Ibid.,p??
[44] Ibid.,p.89
[45] La società di Diana che si trova citata in tutta la letteratura ecclesiastica dai primi secoli dopo Cristo alla fine del Rinascimento. Queste donne, chiamate anche bonae foeminae,  praticavano una magia rituale, si riunivano la notte nei boschi per celebrere le loro cerimonie. Era credenza comune  che si introducessero nelle case volando, per banchettarvi, se accolte con cibo e musiche e danze, ricambiavano gli ospiti proteggendoli in salute e ricchezze, se l’ospitatlità non risultava adeguata, i malcapiatati, venivano puniti con scherzi malevoli. Serena Foglia, Il libro delle streghe,p.32
[46] Per i popoli di lingua romanza (Italiani, Francesi, Spagnoli, Portoghesi) i riferimenti medioevali e le credenze rituali concernenti Diana possono essere sospetti di riflettere la mentalità di monaci colti che avevano familiarità con fonti letterarie latine, ciò non vale per la Diana dei Rumeni. Mircea Eliade, Occultism, Witchcraft, and Cultural Fashions, p.89-90
[47] la parola zînatec che deriva dalla stessa radice di zîna, significa “sconsiderato”, “scervellato”, “matto”, cioè posseduto da Diana ovvero dalle fate. Ibid.,p.90
[48] Pur essendo immortali portano vesti bianche, hanno il petto nudo e durante il giorno sono invisibili, munite di ali, sono solite volare in particolare la notte. Amano danzare e cantare, nei campi dove hanno ballato, l’erba pare bruciata dal fuoco, chi le ha viste danzare, non rispettando certi divieti, viene colpito da malattia, tra i morbi provocati dalle fate, i più comuni sono le affezioni psichiche, reumatismi, epilessia, colera e la peste.Ibid.,p.90

[49] da cal , che in rumeno significa “cavallo”; (latino caballus)Ibid.,
[50] Giurano di essere come fratelli gli uni per gli altri, di osservare la castità per i prossimi (nove- undici o quindici giorni) non comunicare con estranei e di ubbidire al loro capo. Dopo il giuramento, in cima allo stendardo viene appeso un sacchetto con erbe mediche, non possono parlare, per timore, che le zîne li facciano ammaliare. L’attributo centrale dei căluşari è l’abilità acrobatica coreografica, in particolare, la capacità di danzare e danzando dare l’impressione di volare. I loro salti, alludono al galoppo del cavallo, ma allo stesso tempo alle danze delle fate. I danzatori richiedono e contano sulla protezione di Herodiada, ma allo stesso tempo rischiano di diventare vittime del suo seguito (fate). Per circa due settimane i căluşari vanno in giro per villaggi e casolari, accompagnati da duo o tre violinisti, suonando, danzando e, in caso curando le vittime delle fate. Si crede che durante lo stesso periodo,(dalla terza settimana dopo Pasqua alla Pentecoste) le zîne volino, cantino, danzino in particolare la notte. Si possono udire i loro campanelli e cembali ed anche altri strumenti musicali; hanno infatti al loro servizio violinisti, zampognari e perfino un alfiere. La protezione più efficace contro le fate è costituita dall’aglio e dall’essenzio, le stesse piante magico-mediche, che stanno nel sacchetto in cima allo stendardo dei  căluşari. Se due gruppi di căluşari si incontrano, ingaggiano una violenta battaglia, quando il gruppo fa ritorno al villaggio, la drammatizzazione finale viene chiamata guerra; lo stendardo viene piantato a terra e un căluşar si arrampica sull’asta, gridando: “guerra, gente, guerra”. Ibid.,p.92

[51] Ibid.,p.94
[52] Ibid.,p.
[53] Ibid.,p.
[54] Ibid.,p.95