giovedì 19 aprile 2012

Lauretta Guidetto
            

Sul tema della Narrazione e del Narrare.

        Riflessioni a margine relative all’incontro del 18 Aprile 2012 sul tema della narrazione.


Tornando a casa dopo il gruppo "Psicodramma con i tarocchi" e  ripensando alle narrazioni corali dei "nostri protagonisti ",  ho avuto il piacere di ascoltare una trasmissione radiofonica su Radio 24 “La passione si sente”  in merito alla storia del regista tedesco  Rainer Werner Fassbinder che si intreccia con quella dell'attrice Hanna Schygulla. Tra la ricostruzione storica  della sua complessa vicenda artistica - personale e l’ascolto della sua voce narrante si parlava proprio del bisogno di narrare storie e come da questo sia nata la sua grande e appassionata produzione artistica.
 “…Io ho la necessità di raccontare le storie che racconto, non è soltanto un lavoro, o perché mi piace stare con le persone, è proprio un’esigenza che viene da dentro (…) il cinema è stata una rivelazione per me, il cinema divenne per me la famiglia che non avevo mai avuto (...) un film significa entrare in contatto con le altre persone, è il mio modo di relazionarmi con gli altri”. 
In quel luogo della sua mente, tra finzione e realtà lui "era riuscito a sentirsi felice", così la voce narrante commenta ad un certo punto la sua tormentata vicenda esistenziale  ed   artistica.
Da questo spunto iniziale, mi sono collegata al tema della narrazione che tanto ha dato forma e sostanza al mio percorso e che sempre ritrovo come cardine della mia formazione.
Da alcuni anni le discipline scientifiche, hanno subito profondi mutamenti, a loro volta collegati alle trasformazioni che hanno investito la cultura e i modi di vivere dei paesi ad avanzato sviluppo industriale e tecnologico. Molte discipline, quali l’epistemologia, l’antropologia, la storia, la psicoanalisi, la stessa psicologia hanno ognuna, nel proprio campo messo sempre più in luce l’importanza della narrazione. Le storie sono apparse, come modi “universali” per attribuire e trasmettere significati sugli eventi umani.(Smorti,1997,p.10).
Jerome Bruner è uno degli autori che si è soffermato maggiormente sulle caratteristiche del pensiero narrativo.
La forma tipica della strutturazione dell’esperienza è narrativa[1], secondo alcuni autori ciò che non viene strutturato in forma narrativa non viene ricordato.
Nella narrazione non ci interessa semplicemente il significato dei racconti, ma il loro valore in quanto memoria individuale e collettiva che organizza gli eventi e li interpreta.
La vita possiede le caratteristiche di un testo, in quanto è soggetta a continue revisioni e interpretazioni.
In virtù della partecipazione alla cultura, il significato è reso pubblico e condiviso. Il nostro modo di vivere adattandoci alla cultura dipende da significati e da concetti condivisi, e nello stesso modo dipende dalle modalità del discorso, altrettanto condivise, che servono a negoziare le differenze di significato e di interpretazione.(…)La nostra è una vita pubblica, basata su significati pubblici e procedure condivise di interpretazione e di negoziazione.” (Bruner, 1990, p.29).
Proprio per questa dimensione sociale, per la partecipazione dell’uomo alla cultura e la realizzazione della sua mente attraverso la cultura, è impossibile pensare ad una psicologia dell’individuo che ignori la dimensione condivisa a favore di una base puramente individuale.
Recuperare il valore di tutte quelle nozioni culturali con le quali gli uomini organizzano una percezione di sé, degli altri e degli avvenimenti di cui sono protagonisti, la vita e il Sé degli individui, è il risultato degli sforzi di costruzione del significato.
Obiettivo importante sarà quello di scoprire e descrivere i significati che le persone quotidianamente creano nel loro rapporto con la realtà, pervenire in seguito alla scoperta dei processi di costruzione del significato, e come gli stati intenzionali modifichino le esperienze.
Una psicologia culturalmente sensibile è “ e deve essere basata non solo su ciò che la gente realmente fa, ma su ciò che dice di fare e su ciò che dice essere la causa di ciò che fa. (...) Si occupa anche di ciò che la gente dice a proposito di azioni compiute da altri, e sulle relative motivazioni. E, soprattutto, si occupa di come gli individui dicono che è il proprio mondo” (ib., p.31).                          
La narrazione è lo strumento privilegiato per recuperare le proprie esperienze, per trasformarle e trasmetterle e soprattutto per attribuire loro un significato.
Nelle storie infatti emergono sentimento, fantasia ed immaginazione, in una parola la soggettività, inserita in un contesto culturale da cui non si può prescindere. La narrazione contiene una pluralità di prospettive, poiché ha a che fare con le possibilità umane, incoraggia la creazione di significati impliciti e presenta le azioni così come sono state pensate e vissute dai suoi protagonisti.[2]
La nostra sensibilità per la narrativa “costituisce il legame più importante tra il nostro senso dell’io e il nostro senso degli altri nella realtà sociale che ci sta intorno. La moneta comune ci viene fornita dalle forme di narrativa che la cultura ci offre.” (Bruner, 1986, p. 86)
Secondo questo punto di vista, gli uomini, nella costruzione delle rappresentazioni del mondo, quando incontrano dei significati appartenenti al mondo dal quale partono, li trasformano al fine di integrarli nella loro costruzione della realtà .
Alla cultura, inoltre, appartengono i valori, che ci guidano nella scelta dei modelli di vita e che sono ‘sociali’, perché conseguenti ai nostri rapporti con la comunità culturale. Essi sono situati “ nell’identità individuale e al tempo stesso, danno origine ad un’identità particolare nell’ambito di una cultura” (Bruner, 1990, p.43).
In questo senso la psicologia s’immerge nella cultura e si organizza intorno ai processi di formazione e d’utilizzo del significato  che collegano l’uomo alla natura.
“Noi organizziamo la nostra esperienza e il nostro ricordo degli avvenimenti umani principalmente sotto forma di raccanti, storie, giustificazioni, miti, ragioni per fare e per non fare e così via. Il racconto è una forma convenzionale trasmessa culturalmente e legata al livello di padronanza di ciascun individuo e al repertorio di strumenti protesici, di colleghi e di mentori di cui dispone. Diversamente dalle costruzioni generate da procedure logiche e scientifiche, che possono venire eliminate attraverso falsificazione, le costruzioni narrative possono raggiungere solo la verosimiglianza.”[3]
Le costruzioni narrative, diversamente dalle procedure logiche e scientifiche, possono raggiungere solo la verosimiglianza. I racconti, sono dunque una versione della realtà, la cui accettabilità è governata dalla convenzione e dalla “necessità narrativa” anziché dalla verifica empirica e dalla correttezza logica.
G.P. Caprettini, in Semiologia del racconto, (1997), spiega come  il racconto diventi  una forma di comunicazione in cui è possibile individuare un mittente e degli ampi destinatari, identificabili nella cultura, ossia  con il sistema linguistico e di valori, al cui interno si sono prodotte.
Il racconto è una forma di significazione, in ogni testo narrativo, sia scritto che orale, oppure visivo, si assiste ad un’aggregazione di materiali dell’immaginazione e strutture linguistiche, producendo un’espressione di valori verso i quali i soggetti del racconto si dirigono.(op.cit.p.V)
Il racconto è una forma mentis, un modo organizzato di pensare dando ordine e logica al procedere delle idee, così da imprimere una rappresentazione al rapporto fra memoria ed esperienza, fra cultura e realtà, fra scrittura e immaginazione. Ne consegue che la lettura è una presa di contatto con una parte della memoria culturale, depositata in forma di intreccio nel testo secondo un programma narrativo …
 Il racconto è anche un filo rosso, un ordito, un’impalcatura razionale, e perfino una forma mentis, che va a disporsi sui dati della realtà e dell’ immaginazione in modo che essi vengano a ordinarsi in una sequenza, in una gerarchia, in un legame di causalità riconoscibile e accettabile.
In conclusione per tornare al tema del discorso iniziale, stimolata dal racconto emerso, dalla voce del regista R. W. Fassbinder e dal titolo della trasmissione radiofonica “La passione si sente”,  ho provato a collegare proprio grazie a quel filo rosso di cui sopra si parlava, l’importanza del narrare e del saper narrare quale elemento cardine dell’essere umano, capace di creare quell'impalcatura razionale o se vogliamo quella forma mentis, capace di ordinare i dati di cui disponiamo,   ancora di più in un momento “storico critico e di grande incertezza” come quello che stiamo vivendo. Cercare forse più semplicemente dei modi per raccontare e raccontarsi agli altri, come modalità per dare un senso al nostro esistere e perché no, riuscire ad "esserne felici", ma soprattutto poter recuperare quella “passione” nel fare e nell’essere che tanto può colorare le nostre esistenze.
Concludo questa pagine con un'altra citazione di Fassbinder : 
" Vorrei costruire una casa con i miei film, alcuni sono le stanze, altri sono i muri, altri ancora sono le finestre, ma spero che alla fine sarà una bella casa"



Bibliografia:
1.       BRUNER J. (1986), Actual Minds,  possible words, Londra. Trad.it. La mente a più dimensioni, 1988, Bari: Saggitari Laterza.
2.       BRUNER J. (1990), Acts of Meaning, London. Trad.it. 1992, La ricerca del significato. Per una psicologia culturale, Torino, Bollati Boringhieri.
3.       BRUNER J.(1991), La costruzione narrativa della “Realtà”,in: M.Ammaniti e D.N.Stern, (1991), Rappresentaziioni e Narrazioni, Bari: Laterza.
4.       CAPRETTINI G.P. (1997), Semiologia del racconto, Bari: Laterza.
5.       GALLO BARBISIO C., QUARANTA C. (1997), Il significato del Museo Laboratorio di Territorio, Torino: Tirrenia Stampatori.
6.       GALLO BARBISIO C. (1997), Trasformazioni e Narrazioni, Torino: Tirrenia Stampatori.
7.       SMORTI A. (1997), Il Sé come testo, costruzione della storia e sviluppo della persona, Firenze: Giunti
[1]Da sempre storici, antropologi, psicoanalisti hanno costruito racconti sulle diverse dimensioni della vita dei popoli, delle culture e degli individui. Negli ultimi anni anche la psicologia sociale e la psicologia evolutiva hanno sviluppato una prospettiva narrativa. Possiamo ormai parlare di “modello narrativo” in psicologia.(G.Barbisio,1994)
[2] Cfr. Bruner (1986) La mente a più dimensioni, p. 32-36
[3] J.Bruner,1991, La costruzione narrativa della “realtà” in: M.Ammaniti D.N.Stern, 1991, Rappresentazoni e Narrazioni, Bari:Laterza.pp.17-42,p.21

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