giovedì 29 novembre 2012

Lauretta Guidetto  - Valeria Bianchi Mian





"La Scatola delle Meraviglie"
Laboratorio ludico creativo 









La “Scatola delle Meraviglie

Con “meraviglie” intendiamo il sapersi meravigliare, l’essere aperti allo stupore, perché nelle "nostre scatole" ci sono ricordi, bottoni, fotografie, oggetti che imprimono in noi una meraviglia, uno stupore per qualcosa che avevamo dimenticato e che abbiamo ritrovato. 

Ogni fiaba che si rispetti inizia con un “C’era una volta...”.

È così, anche il gruppo di partecipanti al laboratorio di sabato ha dato il via alla narrazione con “C’era una volta…”.

Costruire una fiaba con l’ausilio delle immagini è un’operazione che consente di arrivare al racconto in modo fluido. Le immagini sono un supporto alla creazione di storie, soprattutto per coloro che non sono allenati a immaginare attivamente.
La narrazione, preceduta da una fase di meditazione e visualizzazione (a occhi “interni”) partita dalla visione di un’immagine, suggerisce una via, una trama da percorrere e da  inseguire. Ed è così, inseguendo il tuo personale “coniglio bianco” che i “compagni di fiaba” colgono il filo della tua storia e lo proseguono cucendo la comune trama narrativa.
Il risultato finale è la costruzione di una “fiaba di gruppo”, che in questa occasione porta il titolo: “Lo sguardo inquieto, o Il Riflesso degli sguardi ”.

I protagonisti di questa storia sono una Regina triste e annoiata che vive in un bel castello ed un anatroccolo curioso. Dallo spunto iniziale si crea il racconto, e il racconto va ampliandosi, tessuto relazionale tra i due personaggi che il gruppo segue dall’uscita dal castello e accompagna nel viaggio verso l’incontro con altri personaggi, nella ricerca continua, sentendo aleggiare le domande della Regina e il suo desiderio di cambiamento.

Questo incontro della Regina con l’anatroccolo - un animaletto molto curioso, il quale, appena entrato nelle sale del castello, rimane colpito dalla propria immagine riflessa in uno specchio dorato. Scopriamo che l’immagine è quella di un bellissimo cigno, “…sembrava quasi il Re in persona…”, e questa tematica ci rimanda non solo alla fiaba de Il brutto anatroccolo, ma anche, a ben pensarci, ad una storia antica, mitica, all’incontro di Leda con il Cigno. 

Fin dall’antichità i re e le regine erano considerati la fonte magica della fecondità e della prosperità della terra. In questa narrazione corale ci siamo trovate di fronte alla presenza di un regno, il regno della Regina che è  “immerso nella natura”, e alla presenza di una regina generosa “desiderosa di creare con la sua presenza un’atmosfera divertente” .
La Regina è triste, chiusa nel suo palazzo, e l’anatroccolo, creatura non ancora cosciente delle proprie potenzialità, dovrà affrontare con lei un viaggio trasformativo ed evolutivo.
Torniamo all’incontro mitologico di “Leda e il Cigno”.

 
Leda era l'affascinante regina di Sparta, figlia di Testio. Era stata sposa di Tindaro, re di Sparta, e da lui aveva avuto due figlie: Clitennestra, che fu poi moglie di Agamennone e di Egisto, ed Elena, per la bellezza della quale, ricordiamo, si scatenò la guerra di Troia.
Zeus vide Leda e se ne innamorò. Per poterla vedere più facilmente, il dio scese dal cielo e raggiunse la vetta del monte Taigeto. Mentre Leda dormiva sulle sponde di un laghetto, fu svegliata dallo starnazzare di un candidissimo cigno. Intorno all’animale c'era profumo d'ambrosia che la stordiva, e il cigno carezzò il viso della donna col suo collo sinuoso, carezzò i suoi capelli, e le sue braccia. Il cigno era evidentemente Zeus stesso, il quale, per avvicinare la bella, si era tramutato in volatile. Appena la giovane regina si svegliò, Zeus si fece riconoscere e le preannunciò che dal loro amore sarebbero nati due gemelli, i Diòscuri: Càstore, gran domatore di cavalli, e Pollùce, invincibile pugile.
Tutti e due i figli di Leda e Zeus sarebbero stati difensori del paese e guida dei marinai. Questi ultimi consideravano come segno di protezione il fuoco di Sant'Elmo. Siccome Càstore era mortale e Pollùce immortale, il primo voleva essere mortale per amore del fratello. Zeus, impietosito, stabilì che ognuno di essi abitasse un giorno, vivo, sull'Olimpo e il giorno dopo, morto, nell'Erebo, dandosi cosi il cambio.

Mille congetture psicoanalitiche, alchemiche, simboliste hanno accompagnato questo mito greco, un mito che giunse ad essere visto come la versione “fisica” di un’annunciazione laica, una storia che, nelle arti visive, ha permesso nel corso dei secoli la rappresentazione dell’atto erotico senza più censure (che male c’è, di fatto, a guardare una donna nuda coperta da un bel cigno bianco?) fornendo spesso l’escamotage agli artisti che volevano dipingere l’atto sessuale tra un uomo e una donna.



Quest’immagine, abbastanza recente rispetto alle più note opere che trattano il tema, è opera dell’artista torinese Luciano Proverbio, e rappresenta proprio l’incontro tra la bella Leda e il Cigno. Conducendoci nel regno della mitologia, in questo caso il simbolo diventa una traccia in equilibrio tra fantasia e realtà.


Nella storia del gruppo non c’è alcuna traccia apparente di sessualità tra il piccolo e dolce anatroccolo e la Regina, ma tra le due creature è chiaro il sorgere e l’approfondirsi di un rapporto esclusivo e speciale, di una relazione affettiva. Tra l’altro, l’immediatezza passionale della scelta e del “connubio” è evidente quando la Regina in quattro e quattr’otto si decide a seguire l’animaletto fuori dalle note mura.
L’anatroccolo NON E’ il cigno, ma al gruppo va bene che egli “resti anatroccolo”, con tutte le sue difficoltà, con il suo “non ancora”, con la tenerezza, con l’aspetto Puer del caso.

Viene raccontata una scena in cui davanti ad un bell’albergo in campagna compare una coppia di giovani viaggiatori “on the road”. Anche la Regina e il suo anatroccolo-guida sono viaggiatori, nonché esploratori, e si interrogano sul senso dello stare insieme e del condividere le esperienze. Il cigno adulto/Zeus è ancora un piccolo anatroccolo felice di esserlo: nello specchio egli ha visto, forse, il riflesso di quel che un giorno potrebbe diventare, ma non ha fretta. C’è tutto un viaggio da fare. E forse anche altri e lunghi viaggi, prima di riscoprire il cigno… potremmo dire che lo spirito che anima il piccolo gruppo di sabato è un Puer giallo solare, un fanciullo anatroccolo pieno di risorse (si scoprirà capace di consigliare saggiamente la bella Regina), uno che va per piccoli passi un po’ goffi, eppure… procede.    


Nel nostro viaggio continuo tra immaginario e simbolico, tra immagine e racconto, dopo la costruzione della storia, siamo tornate al rapporto con il mondo immaginale, e alla realizzazione di quello che il titolo del nostro laboratorio lasciava presagire, ovvero la realizzazione di un contenitore fiabesco: “La scatola delle meraviglie” .






Scatole del gruppo- lavori in corso

Dalla fiaba siamo passate alla realizzazione immaginativa per dare corpo e sostanza a quanto emerso durante la narrazione, perché dal racconto corale si possa ritornare al racconto personale e alla propria immagine interiore. La narrazione diventa suggerimento per raccontare  la propria “scatola dei ricordi”  e farla rivivere attraverso il racconto mitico.
(continua… parleremo ancora de Les boites…)






1. Meraviglia: Sentimento improvviso di viva sorpresa per una cosa nuova, straordinaria, o inattesa; stupore.
2. Le “teste coronate” di un popolo, individui ritenuti speciali perché dotati di mana speciali e di personalità più forti,  oppure perché primeggiavano in attività o abilità essenziali per il benessere della tribù. Essi rispecchiano ciò che ha un valore supremo all’interno della psiche di un individuo o di una società, ovvero i principi e le credenze predominanti. Il fatto che questi ultimi siano in parte sotto il controllo della coscienza e in parte dell’inconscio si riflette nella natura ambigua del re o della regina. Si tratta di esseri umani, ma anche di esseri accostati agli dei. Sono paragonati agli astri del cielo , al Sole e alla Luna, ai metalli preziosi, oro e argento che incarnano la sostanza solare e lunare nel mondo terrestre. La loro maestà viene elevata dall’essere seduti in trono e dal fatto di indossare una corona, che richiama quella raggiante del Sole. In particolare, nell’antichità, il re o la regina assumevano un ruolo quasi “sacerdotale” di mediazione tra la dimensione terrena e quella ultraterrena.  (J. C. Harris. 2010Il libro dei Simboli. Riflessioni sulle immagini archetipiche. Ed. Taschen) 


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