lunedì 21 maggio 2012

Valeria Bianchi Mian


ARCANE STORIE: IL RE STANCO E IL POPOLO APPESO
Fiaba emersa dal laboratorio "Tu hai le carte!" del 19 Maggio 2012,
come sempre inventata dal gruppo con estrazione di carte e proiezione di contenuti inconsci.


C’era una volta un Re, o un imperatore,
molto triste, e tanto stanco,
un Re che non aveva potere.
Costretto entro le mura del suo palazzo,
non potendo governare attivamente il regno,
sognava di essere un cavallo per correre via,
nei boschi, attraverso i prati, lontano, lontano...



Gli mancava la forza, l'energia vitale
per uscire dal castello,
e operare seriamente nel mondo.
"E allora", pensò il Re, "non mi resta che
meditare, riflettere sulla mia vita
per poter recuperare il fuoco dentro di me".
L'imperatore voleva riconnettersi alla propria Anima.


Nella biblioteca del palazzo c’era un libro,
un libro che raccontava la vita del Re.
Il libro era sempre stato in quella biblioteca,
ma lui non l’aveva mai letto prima di allora.
Egli cominciò a studiare quel libro,
e scoprì il motivo della propria reclusione forzata,
e dell'assenza di forza d'animo:
era prigioniero di se stesso,
poiché tempo prima aveva compiuto un atto
contro la giustizia,
un’azione (forse più azioni) illegale.


Proprio lui, lui che la legge avrebbe dovuto rappresentarla!
(Noi non ci stupiamo di questo fatto…)
Doveva riscattarsi.
Sentiva che l’unica possibilità
era riflettere
ANCORA E ANCORA E ANCORA!
(Fino a quando?)


Era proprio necessario migliorare se stesso.
(Un governante così consapevole, che bello sarebbe trovarlo...)


Una notte fu svegliato all’improvviso da un latrato.
Affacciandosi alla finestra della sua stanza
vide due cani ululare alla luna,
e la luna, bellissima,
riflettersi nel lago
sotto le mura del castello.
Nel lago, il volto serio e concentrato del Re
si rifletteva insieme alla luna.
Egli ebbe una rivelazione.
Doveva perdonare se stesso per le azioni del passato,
e cominciare ad uscire per operare concretamente.
(Alla buon’ora?!)
Ma il perdonar se stessi non è mai sufficiente.


Il perdono doveva arrivare anche dal popolo.
Un popolo affamato, devastato dall'incuria
del proprio governatore.
Il Re, finalmente, mise il naso fuori dal palazzo
e decise di andare a chiedere consiglio
ad un “esperto della sorte”.


Attraverso questa figura, e con l’utilizzo di
bizzarri strumenti d'indagine,  
il Re cominciò a comprendere.
Esistevano al mondo altre persone,
alle quali il suo comportamento egoistico
aveva arrecato danno.



Il suo viaggio nel regno, da quel momento,
fu ricco di idee e pieno di scoperte,
addirittura per un certo periodo egli girovagò
con una compagnia di saltimbanchi
che gli insegnò il mestiere,


aiutandolo così “finalmente,
a guadagnarsi la vita in modo onesto”
(cit. da partecipante).
(Continua però a non prendere attivamente in mano
il governo del regno…)
In questo suo girovagare, l'imperatore o Re
si ritrovò a mirar le stelle, e le guardò per la prima volta,
come se non le avesse mai viste.



Nelle stelle gli sembrò di scorgere una donna.
Il riflesso di quel che andava cercando?
La sua stessa Anima?


Attraversò villaggi devastati, e si rese conto
di non aver mai guardato la sua gente:
quanto era stato cieco e sordo agli altri!


I lunghi anni di meditazione senza azione
avevano raggiunto il culmine,
ed erano terminati. Il sovrano
aveva ecceduto nella chiusura, e ora
doveva vivere “l’altra parte”.
Egli si rese conto, inoltre, che
le prime persone a cui avrebbe dovuto
prestare attenzione,
erano... i suoi cari!
Sin dall’inizio esisteva solo lui,
e non li aveva neanche calcolati,
i suoi poveri vicini di cuore…


Doveva andare a casa a riparare,
a farsi perdonare, e doveva andarci al più presto.



Doveva recuperare l’affetto dei familiari.
La sua famiglia, e il popolo.
Il Re organizzò una grande festa
tanto per cominciare.
Radunò tutti. Da lì avrebbe cominciato
per proseguire aumentando il benessere
dell'impero.
(Viene estratta una carta finale, rimescolando, ed ecco che ritorna La Forza - XI)

Finalmente è tornata la forza.
E’ possibile allontanarsi
da quel che si conosce di se stessi
per cercarsi, e poi ritornare
in modo più adeguato
alla realtà del mondo.

Fin.

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