mercoledì 6 giugno 2012



Valeria Bianchi Mian

ARCANE STORIE: LUDUS PUERORUM
“Un gioco di bambini” è il gioco dell'uomo? 

Citazioni nel testo, in azzurro, tratte da Rodolfo Renier (Tarocchi di Matteo Maria Boiardo, Studi su Matteo Maria Boiardo / ed. N. Campanini. – Bologna, 1894 – e l’articolo del 16 febbraio 2008, per noi esaustivo, sull’opera di Rodolfo Renier nel bellissimo Blog del Casato Renier – La storia raccontata dai protagonisti, con più di 700 articoli)


  Tarocchi: immagini archetipiche che illustrano il percorso di individuazione, dal Matto (0) al Mondo (XXI).
  Il complesso, oscuro e luminoso, viaggio dell’Anima.               
  Immagini dell’inconscio collettivo, emerse dal grande vas alchemico che ci riguarda tutti, descritte dagli studiosi da molteplici punti di vista.
  Se delle origini delle carte dei tarocchi-arcani maggiori in particolare (tra le carte da gioco, in generale), prima di vederle comparire in Italia nel secolo XIV, nulla si sa davvero con certezza, in ogni caso è suggestiva, e degna di credito, la teoria di un’origine italiana dei “Trionfi", e l’idea di un utilizzo degli stessi anche per scopi "verbali", e, inoltre, come gioco educativo per fanciulli.
  
  Rodolfo Renier, cito testualmente:
"In Italia, nel trecento, sarebbe esistito un album di figure molto adatto a divertire e ad istruire i fanciulli, giacché era una nomenclatura delle cognizioni di allora, un aiuto alla memoria, una specie di enciclopedia per gli occhi. Di queste figure abbiamo una copia nelle incisioni anonime, attribuite, a torto o a ragione, al Mantegna. Si chiamarono naibi, ed era ad esse che alludeva il buon cronista Morelli, consigliandole ai fanciulli. Ma verso la fine del sec. XIV un bello spirito, forse per distogliere i giuocatori dal pericoloso e insipido giuoco dei dadi, avrebbe tratto dai naibi il giuoco dei tarocchi, il quale avrebbe conservato il nome di naibi ancora per qualche tempo." [Merlin, XVI, I, 286-95 e 302-4.].

"I naibi erano carte; ma non tutte le carte erano naibi. Carte era nome generico: esse si dividevano in carticelle e in naibi, detti anche carte da trionfi. Tale distinzione è costante in tutti gli scrittori del sec. XV che accennarono alle carte [Vedi Merlin in Rev. Arch., XVI, I, 297-98; Campori, Le carte da giuoco dipinte per gli Estensi nel sec. XV, p. 13 e documenti.]. Ed in che si distinguessero le carticelle dai naibi è facile il dirlo. Le une erano le nostre carte comuni., divise in 52 pezzi, cioè in quattro serie, di 10 carte numerali e tre figure ciascuna: i secondi erano i tarocchi" [Il Bellincioni dice, accennando sicuramente ai tarocchi: Ebbe gran prudenza // chi pose in ne' naibi que' contrari // che sian vinti da' meno e' più denari. Rime, ed. Fanfani, II, 90.]"

  Gioco di fanciulli. LUDUS PUERORUM, nello Slendor Solis, opera alchemica di Salomon Trismosin, in Aureum vellus, oder Guldin Schatz und Kunstkammer (Rorschach 1598), vedi Jung, Mysterium comiunctionis. 
  L'opera alchemica, e dunque l'opera dell'Anima, è dunque un "gioco di fanciulli"?    


  Poi, il gioco poetico.
"Il giuoco poetico fu quindi destinato ad uno di quei molti trattenimenti sociali, di cui si allietarono le nostre corti del rinascimento" scrisse ancora Renier.

  I 21 "Trionfi" e il Matto (0) servivano a dare spunto ai giocatori per leggere versi scritti dietro o sotto le immagini (I "Tarocchi" del Boiardo tra questi) ma anche, nel modo "verbale" per attribuire personaggi (reali, conosciuti a corte) e caratteristiche di personalità (elementi di proto-psicologia a livello ludico, direi!) alle figure sulle carte.

  Renier cita Pier Antonio Viti da Urbino:
"Viti ci spiega con tanta chiarezza del gioco l' arte, che in poche parole mi sarà dato riassumerla qui. I giuochi, in realtà, sono quattro, non uno solo [Semberanno a taluno alquanto insipidi questi giuochi, nè io avrei molto da opporre; ma suol essere difetto comune ai trattenimenti di simil genere nella rinascenza. D' ordinario in fondo a que' giuochi v' era un intendimento didattico o moraleggiante. Leggasi il libro cit. del Ringhieri ed il Dialogo de' giuochi che nelle vegghie sanesi si usano di fare del Bargagli. Come lavoro di divulgazione è assai pregevole lo scritto di A. Solerti, Trattenimenti di società nel sec. XVI, nella Gazzetta letteraria, an. XII, n. 48, 49, 50.]. - I giuocatori si radunano in circolo e in mezzo a loro vengono scoperte e deposte sulla tavola la prima e l' ultima carta, cioè i due sonetti. Poscia ad ognuno è data una carta, onde nasce il primo giuoco, "perciò che ognuno lege li versi che ne la carta sua sono e mostranli a li compagni. Et in ciò si vedono a le volte a donne et omini venire terzetti che sono grandemente al proposito loro, e di gran riso de chi gli ascoltano".-

Ciclo dei Giochi di Palazzo Borromeo, Milano

  Interessante.
  Penso alle narrazioni corali, alle arcane storie che nascono nei nostri laboratori.
  Uno scorcio delle antiche corti, un cavaliere che estrae il Trionfo dal mazzo, una dama, e nasce il dialogo, lo spunto per la narrazione.
  Italo Calvino non parlò a caso, ovviamente.

(continuerà, dopo pausa per breve vacanza, proprio con alcuni scorci dal Castello dei Destini Incrociati. Vi ricordiamo il laboratorio del 13 Giugno in Via Mazzini 44, ore 20.30, sul tema del Sogno e degli Arcani. Vedi in Eventi del mese)  

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