sabato 13 aprile 2013


Valeria Bianchi Mian e Laura Guidetto


Fiabe nate per rompere le scatole






I laboratori creativi La Scatola delle Meraviglie lasciano la parola all’immaginazione.
 Si parte in gruppo, osservando tante immagini: figure, disegni, stimoli visivi.
Il gruppo narra una fiaba, un passo a testa, ed è il primo passaggio. Trovare individualmente le sfumature della propria storia, dare un proprio finale o costruire una propria elaborazione della narrazione corale, e rappresentare il tutto con una creazione artistica “in scatola” è il secondo livello del laboratorio. E alla fine? Che cosa si produce? Provate a seguire il filo…

… dal laboratorio del 23 Marzo 2013, una storia.

C’era una volta
una fanciulla dotata di poteri magici, tra i quali la capacità di elevarsi sia sopra la terra che sulle acque. Questa fanciulla un giorno incontrò un ragazzo, un uomo dai molti occhi, un personaggio che viaggiava spostandosi proprio attraverso i numerosi punti di vista; egli viaggiava osservando tutto intorno a sé.
Lo sguardo dell’uomo dai tanti occhi era rivolto al mondo; lo sguardo della fanciulla era invece rivolto dentro di sé, forse troppo…  La fanciulla si sentiva chiusa, come prigioniera dentro una scatola. Da un piccolo spiraglio, lei prese ad osservare quello strano personaggio, e riflettendosi in lui, prendendo spunto, scrutando in profondità, la fanciulla si accorse che il luogo in cui si trovava non era solo una scatola, ma un labirinto. Come ogni labirinto che si rispetti, anche questo spazio aveva di certo una via d’uscita.
Contemporaneamente, da qualche altra parte, lontano dal labirinto, o forse vicino, un certo Francesco se ne stava in piedi davanti alla finestra, custode “immobile “ del proprio sogno. Se ne restava lì.
Nel labirinto, invece, la fanciulla camminò a lungo e incontrò un nuovo personaggio; una bambina che la aiutò a trovare la strada. Grazie a questa nuova compagna di viaggio, finalmente una via d’uscita si palesò.
Solo chi ha percorso il labirinto e nel procedere ha potuto guardarsi dentro, scopre un mondo senza chiusure, e può andare fuori dalla scatola… mentre Francesco continua a custodire il sogno…
La scatola è un contenitore definito, molto diverso dal foglio bianco sul quale una storia va a cominciare. Il contenitore chiude o protegge? Può essere prigione, labirinto, o uovo che prepara alla nascita. Il simbolo ha indubbiamente in sé la potenza creatrice e quella distruttiva, può attanagliare l’anima oppure aiutarla a liberarsi. L’utero soffoca il feto, lo stringe a sé, ma poi, con forza che ha in sé l’elemento Yang, lo libera, lo fa nascere, lo spinge fuori.
Il Vas degli antichi alchimisti era il ventre creativo dell’Opus, luogo chiuso, serrato, che impediva allo spirito di volatilizzarsi, ma dal quale prendeva forma il Lapis Philosophorum, l’oro come simbolo di totalità psichica.
Carl Gustav Jung presenta il vaso di Madama Alchimia in tutta la sua potenza simbolica, come luogo in cui il Re si trasforma, trasformando il ventre stesso della Regina madre, sposa, figlia. Gli opposti si congiungono nel vaso, e nello stesso spazio il Mercurio filosofico, operando attraverso la propria essenza di medium coniungendi, prima separa e poi riunisce, compie il processo, diventa, inventa il nuovo.
Se il significato simbolico dell’opera alchemica è la conoscenza di sé, certamente non basta una fiaba costruita in gruppo per rappresentare pienamente questo percorso, e noi psicoterapeuti sappiamo bene che un laboratorio creativo non è un lavoro clinico, né aspira ad esserlo. Lo spunto per accennare al percorso di trasformazione del’Io, però, è dato dal simbolo, che è vivo, e salta fuori dalla bottiglia, a volte, come il diavolo delle fiabe. Come il Mercurio alchemico, un contenuto simbolico è capace di comparire in piccole cose, quasi di soppiatto, e la sua voce può sussurrare da ogni voce, essendo indubbiamente qualche cosa di collettivo, ma anche di individuale. La traccia simbolica parla un linguaggio multiforme, un po’ come l’uomo della fiaba guarda il mondo con tanti occhi.  

Un’altra fiaba, anzi un mito, ma solo accennato… per riflettere.

Preso in debita considerazione, il contenitore, la scatola, il vaso alchemico delle nostre fiabe, si rivela labirintico. Come il vaso, il labirinto è passaggi e indovinelli, circonvoluzioni dell’intelligenza umana, richiama il cervello e le sue insenature, ma anche gli intestini pieni di mostri dietro l’angolo. Il labirinto è prova per iniziati, ma anche tomba per coloro che errando a vanvera, errano fino alla morte. 
C’era una volta Arianna,
una donna dedita a guidare il bel Teseo in lungo e in largo per tutto il labirinto costruito dal Re Minosse. Teseo, mitico eroe degno di gloria per aver sconfitto il Minotauro (ovvero il mostro divoratore di giovani umani, con il corpo metà toro e metà uomo) dopo l’impresa riuscì ad uscire dal labirinto, ma evidentemente non grazie alla propria intelligenza. Viene spontaneo domandarsi che fine avrebbe fatto senza Arianna. Occupata a guardare Teseo, naturalmente quest’ultima non si accorgeva di quanto il labirinto le chiudesse lo sguardo e la distogliesse da se stessa.
Nella fiaba del gruppo, qualcosa sussurra il nome di Arianna. Una novella Arianna, con il coraggio di cambiare. Niente più Teseo, che oltretutto nel mito abbandona la bella dopo essersene servito. Invece, un richiamo all’incontro con Dioniso che, “guarito” dalla follia, la sposa e la conduce con sé. Il personaggio di Francesco accennato nella fiaba viene ripreso infatti nelle scatole create, e si rivela importante proprio per comprendere la stessa fanciulla. Custodire il sogno è comprendere i sogni; è dar valore allo sguardo interno ed esterno.
Nel mito il femminile Arianna si sviluppa a partire dalla separazione da Teseo, viene in qualche modo riscattata dall’incontro con l’elemento dionisiaco. La coscienza di sé avviene come incontro con il dio, dopo l’abbandono.
Nella fiaba di questo gruppo, compare un femminile rivolto a se stesso, ma non attanagliato in sé, non in sé chiuso e concluso come un serpente che divora la propria coda, Uroboro che gira sempre in tondo. Il femminile che viene tracciato riguarda un po’ tutte le donne: rivolgendosi a se stesso, il femminile ritrova la bambina, una piccola nuova Arianna, guida però di se stessa, dell’adulta che diventerà. Il maschile può avere mille occhi e guardare fuori, ovunque, tutto e niente. Oppure restare custode del sogno, avvicinandosi magari piano piano, solo quando lei, fanciulla che cerca se stessa, comincia a riconoscersi…  

A tutte le donne che hanno voglia di raccontare fiabe.





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